GUIDA STATO EBREZZA BOLOGNA RAVENNA FORLI CESENA RIMINI LUGO FAENZa

GUIDA STATO EBREZZA BOLOGNA RAVENNA

FORLI CESENA RIMINI LUGO FAENZa

SE PROVOCHI INCIDENTE NIENTE TENUITA’ DEL FATTO EX ART 131 BIC CP

reiezione della richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., facendo riferimento alla situazione di grave pericolo creata dal sinistro provocato dal ricorrente, che ha messo a repentaglio la sicurezza di coloro che erano presenti sul luogo del primo sinistro, i quali avrebbero potuto essere investiti dalla vettura sconsideratamente condotta dall’imputato

SE PROVOCHI INCIDENTE NIENTE LAVORI DI PUBBLICA UTILITA’

In tema di reato di guida in stato di ebbrezza, ai fini dell’operatività del divieto di sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità – previsto dall’art. 186 C.d.S., comma 9 bis, – è sufficiente che ricorra la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale essendo, invece, irrilevante che, all’esito del giudizio di comparazione con circostanza attenuante, essa non influisca sul trattamento sanzionatorio. (Sez. 4, n. 48534 del 24/10/2013 – dep. 04/12/2013, Bondioli, Rv. 25728901; Sez. 4, Sentenza n. 7969 del 06/12/2013 Ud. (dep. 19/02/2014) Rv. 258616; Sez. 4, Sentenza n. 13853 del 04/02/2015 Ud. (dep. 01/04/2015) Rv. 263012).

Attenzione: Diritto penale breve vademecum-avvocato penalista Bologna

L’art. 186 Codice della strada

Tale ipotesi di reato è regolamentato dall’art. 186 del Codice della strada, rubricato “Guida sotto l’influenza dell’alcool”.

Questo tipo di reato è considerato un reato di PERICOLO ASTRATTO: ciò significa che la norma punisce chiunque si metta alla guida in stato di alterazione alcolica a prescindere dal compimento di un evento dannoso.

Dunque, la condotta del conducente dovrà essere vagliata dal giudice, il quale dovrà stimare sul piano processuale se questi si era messo alla guida in uno stato di alterazione a causa dell’ingerimento di sostanze alcoliche.

  1. La Corte territoriale, invero, benchè concisamente, argomenta sulla reiezione della richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., facendo riferimento alla situazione di grave pericolo creata dal sinistro provocato dal ricorrente, che ha messo a repentaglio la sicurezza di coloro che erano presenti sul luogo del primo sinistro, i quali avrebbero potuto essere investiti dalla vettura sconsideratamente condotta dall’imputato. Non può dirsi, dunque, che manchi quell’autonoma valutazione, richiesta dall’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016 – dep. 06/04/2016, Tushaj, Rv. 26659001). secondo cui deve tenersi conto, ai sensi dell’art. 133 c.p., in modo complessivo e congiunto delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo Elementi questi, sui quali il giudice di appello si sofferma nel corpo della motivazione, richiamandoli e rivalutandoli sotto quel profilo quando affronta il motivo di appello relativo al riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p..10. Il terzo motivo è infondato. Per rispondere alla doglianza basta richiamare il principio affermato da questa sezione secondo cui “In tema di reato di guida in stato di ebbrezza, ai fini dell’operatività del divieto di sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità – previsto dall’art. 186 C.d.S., comma 9 bis, – è sufficiente che ricorra la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale essendo, invece, irrilevante che, all’esito del giudizio di comparazione con circostanza attenuante, essa non influisca sul trattamento sanzionatorio. (Sez. 4, n. 48534 del 24/10/2013 – dep. 04/12/2013, Bondioli, Rv. 25728901; Sez. 4, Sentenza n. 7969 del 06/12/2013 Ud. (dep. 19/02/2014) Rv. 258616; Sez. 4, Sentenza n. 13853 del 04/02/2015 Ud. (dep. 01/04/2015) Rv. 263012).

nella giurisprudenza di legittimità esiste, in ordine alla configurabilità dell’aggravante prevista dall’art. 186 C.d.S., comma 2 bis, un contrasto interpretativo. Secondo alcune sentenze, infatti, per affermarne la sussistenza “è necessario che l’agente abbia provocato un incidente e che, quindi, sia accertato il coefficiente causale della sua condotta rispetto al sinistro, non essendo sufficiente il mero suo coinvolgimento nello stesso. (Sez. 4, n. 33760 del 17/05/2017 – dep. 11/07/2017, Magnoni, Rv. 27061201 Sez. 4, n. 37743 del 28/05/2013 – dep. 13/09/2013, Callegaro, Rv. 25620901), mentre, per altre, non è richiesto l’accertamento del nesso eziologico tra l’incidente e la condotta dell’agente, ma il solo collegamento materiale tra il verificarsi del sinistro e lo stato di alterazione dell’agente, alla cui condizione di impoverita capacità di approntare manovre idonee a scongiurare l’incidente sia direttamente ricollegabile la situazione di pericolo. (Fattispecie in cui il conducente di un’auto in stato di ebbrezza alcoolica aveva tamponato violentemente un veicolo antagonista che si era arrestato sulla corsia di sorpasso dell’autostrada). (Sez.4, n. 54991 del 24/10/2017 – dep. 07/12/2017, Fabris, Rv. 27155701; Sez. 02/07/2015 – dep. 10/09/2015, Scudiero, Rv. 26441901).

Va premesso che in ordine alla configurabilità dell’aggravante prevista dall’art. 186 C.d.S., comma 2 bis, si è assistito presso questa Corte ad un contrasto interpretativo. Secondo alcune sentenze, infatti, per affermarne la sussistenza ‘è necessario che l’agente abbia provocato un incidente e che, quindi, sia accertato il coefficiente causale della sua condotta rispetto al sinistro, non essendo sufficiente il mero suo coinvolgimento nello stesso. (Sez. 4, n. 33760 del 17/05/2017 – dep. 11/07/2017, Magnoni, Rv. 27061201 Sez. 4, n. 37743 del 28/05/2013 – dep. 13/09/2013, Callegaro, Rv. 25620901), mentre, per altre, non è richiesto l’accertamento del nesso eziologico tra l’incidente e la condotta dell’agente, ma il solo collegamento materiale tra il verificarsi del sinistro e lo stato di alterazione dell’agente, alla cui condizione di impoverita capacità di approntare manovre idonee a scongiurare l’incidente sia direttamente ricollegabile la situazione di pericolo. (Fattispecie in cui il conducente di un’auto in stato di ebbrezza alcoolica aveva tamponato violentemente un veicolo antagonista che si era arrestato sulla corsia di sorpasso dell’autostrada). (Sez. 4, n. 54991 del 24/10/2017 – dep. 07/12/2017, Fabris, Rv. 27155701; Sez. 4, n. 36777 del 02/07/2015 – dep. 10/09/2015, Scudiero, Rv. 26441901).

Nel definire la nozione normativa di incidente stradale si è fatto riferimento, in primo luogo, al significato letterale del termine, secondo cui è tale qualsiasi avvenimento inatteso che interrompe il normale svolgimento della circolazione stradale e che proprio per tale ragione è portatore di pericolo per la collettività, sottolineando che una simile definizione coincide proprio con quella che si evince dalle norme del Codice della Strada, come risulta dagli obblighi di segnalazione che il regolamento prevede (art. 356) per il caso di incidente che provochi ingombro della carreggiata, al di là di ogni danno a cose o persone. Ma ‘anche al fatto che allorché il legislatore ha ritenuto di diversificare i comportamenti e le conseguenze collegati a un incidente, ciò ha fatto espressamente, come ad esempio nell’art. 189 C.d.S. che stabilisce comportamenti e sanzioni diverse a secondo delle conseguenze che derivano dall’incidente stesso’ (Sez. 4, n. 47276 del 06/11/2012 – dep. 06/12/2012, Marziano).

Per ricondurre l’evento alla condotta va, tuttavia, ulteriormente verificata la sussistenza del nesso di strumentalità-occasionalità tra lo stato di ebbrezza e l’incidente, non potendo certamente giustificarsi l’inflizione di un deteriore trattamento sanzionatorio a carico del guidatore che, pur procedendo illecitamente in stato di ebbrezza, sia stato coinvolto in un incidente stradale di per sé oggettivamente imprevedibile e inevitabile e in ogni caso privo di alcuna connessione con lo stato di alterazione alcolica del soggetto.

Provocare un incidente significa, infatti, secondo il disposto normativo di cui al comma 2 bis cit. che esso è dipeso – provocato appunto- da una condotta posta in essere in violazione delle regole cautelari generali di prudenza, diligenza e perizia, o di quelle speciali sulla circolazione stradale, tutte comunque rivolte a prevenire il verificarsi di incidenti stradali. Ed invero, posto che la norma di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2 bis non richiede l’accertamento del nesso eziologico tra l’incidente e la condotta dell’agente, ma evoca unicamente il collegamento materiale tra il suo verificarsi e lo stato di alterazione dell’agente deve ritenersi che la ratio della previsione vada ricercata nella volontà di punire più gravemente la condotta quando l’alterata capacità di reazione impedisca al conducente di evitare l’incidente, proprio in ragione dell’ebbrezza.

  1. Cosi ricostruita la nozione, può darsi risposta al quesito proposto. Al di là della contestazione sull’efficacia causale del comportamento tenuto dall’imputato, da questi negata, vi è che il medesimo è certamente rimasto coinvolto in un sinistro stradale con altra auto, che ha provocato danni materiali. In ordine al rapporto occasionalità-strumentalità fra l’accertato stato di ebbrezza alcolica (neppure questo contestato), e lo scontro, definito una strisciata, intervenuto al centro della carreggiata, fra due veicoli che non tenevano la destra (la circostanza è riportata in sentenza e ribadita in questa sede dal medesimo imputato), nulla dice il ricorrente. Il collegamento ebbrezza-sinistro, nondimeno, è chiaramente posto dalla sentenza a fondamento della decisione, che nella motivazione non si sofferma sulla responsabilità del conducente, nel senso civilistico preso a parametro dal ricorrente, ma addebita all’imputato di avere provocato l’incidente nel senso appena richiamato. La sentenza si sofferma, invero, sulla violazione del C.d.S. posta in essere da G. , consistita nel non avere tenuto la destra, in contrasto con la previsione dell’art. 143 C.d.S.. Da ciò ricava il contributo causale nel prodursi dell’evento della condotta dell’imputato che, proprio per effetto dell’alterazione presupposta, avendo violato le norme di prudenza, sia generali che codificate, non ha avuto la capacità di approntare manovre di emergenza che avrebbero evitato il sinistro, in questo modo provocandolo ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 2 bis.

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Sentenza 3 luglio – 19 ottobre 2018, n. 47750

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IZZO Fausto – Presidente –

Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere –

Dott. NARDIN Maura – rel. Consigliere –

Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere –

Dott. PICARDI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

T.A., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 11/10/2017 della CORTE APPELLO di TRIESTE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere MAURA NARDIN;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. TOCCI Stefano, che ha concluso chiedendo;

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso.

udito il difensore:

nessun difensore è presente.

Svolgimento del processo

  1. La Corte di Appello di Trieste con sentenza del 24 maggio 2017 ha confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Udine con cui T.A. è stato ritenuto responsabile dei reati di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), commi 2 bis e 2 sexies, – e condannato alla pena ritenuta di giustizia, denegata la richiesta applicazione dell’art. 131 bis c.p., e l’ammissione al lavoro di pubblica utilità, in forza del giudizio di equivalenza della circostanza aggravante di cui al comma 2 bis) con le attenuanti – per avere alla guida della sua autovettura, in stato di ebbrezza alcolica (con tasso alcolemico accertato pari a gr. 1,61 – 1,54 gr./l.) provocato un sinistro stradale, in ora notturna, andando ad impattare con un veicolo, ribaltato sulla strada già coinvolto in altro incidente, al di là di un dosso con successiva curva.2. Avverso la sentenza propone ricorso l’imputato, a mezzo del suo difensore, affidandolo a tre distinti motivi.3. Con il primo motivo lamenta la violazione della legge penale in relazione all’interpretazione dell’art. 186 C.d.S., comma 2 bis, sottesa alla decisione, relativa alla nozione di sinistro stradale. Osserva che la condotta dell’imputato non ha determinato in alcun modo quella alterazione della circolazione, che costituisce nucleo del concetto stesso di incidente stradale, secondo quanto desumibile, dalla definizione della Convenzione di Vienna. Ricorda, da un lato, che secondo il trattato sulla circolazione deve intendersi sinistro un evento nelle vie o nelle piazze aperte alla circolazione, in cui siano coinvolti veicoli, essere umano animali fermi o in movimento, da cui derivino lesioni a cose, animali o a persone. Mentre, dall’altro, secondo l’elaborazione giurisprudenziale, deve intendersi sinistro stradale, qualsiasi evento inatteso che, interrompendo il normale svolgimento della circolazione stradale, possa provocare pericolo alla collettività. Rileva che nel caso di specie, il normale svolgimento della circolazione era già interrotto e la condotta dell’imputato si è dimostrata inidonea ad aggravare la situazione di pericolo, tanto che gli agenti intervenuti non hanno elevato nessuna contestazione nei suoi confronti, per violazione delle norme del C.d.S.. Sottolinea la mera occasionalità fra lo stato di ebbrezza ed il sinistro, in alcun modo prevedibile ed evitabile e del tutto privo di connessione con lo stato di alterazione alcolica, stante, peraltro, la bassissima velocità del veicolo condotto dall’imputato. Il che dovrebbe comunque condurre all’assoluzione in forza del principio del ragionevole dubbio.4. Con il secondo motivo fa valere il vizio di violazione della legge in relazione all’art. 131 bis c.p., per non avere la Corte accolto il relativo motivo di impugnazione, limitandosi ad un generico riferimento alle argomentazioni formulate per rispondere al motivo di impugnazione relativo alla nozione e qualificazione giuridica del sinistro stradale, senza aver riguardo alle modalità della condotta ed all’entità del pericolo cagionato e senza far riferimento all’inesistenza del danno ed al grado di colpevolezza, omettendo un giudizio autonomo rispetto ai presupposti applicativi come delineati dall’eleborazione delle Sezioni Unite, di cui alla sentenza n. 13861 del 25 febbraio 2016.5. Con il terzo motivo si duole della contraddittoria e manifesta illogicità della motivazione e dell’erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 186, comma 9 bis). Afferma che la mancata incidenza sulla concreta determinazione pena della circostanza aggravante, a seguito del giudizio di equivalenza con le circostanze attenuanti, comporta la sua neutralità anche con riferimento all’ammissione alla sanzione sostituitiva del lavoro di pubblica utilità.

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Motivi della decisione

  1. Il ricorso deve essere rigettato.2. Ora, va premesso che nella giurisprudenza di legittimità esiste, in ordine alla configurabilità dell’aggravante prevista dall’art. 186 C.d.S., comma 2 bis, un contrasto interpretativo. Secondo alcune sentenze, infatti, per affermarne la sussistenza “è necessario che l’agente abbia provocato un incidente e che, quindi, sia accertato il coefficiente causale della sua condotta rispetto al sinistro, non essendo sufficiente il mero suo coinvolgimento nello stesso. (Sez. 4, n. 33760 del 17/05/2017 – dep. 11/07/2017, Magnoni, Rv. 27061201 Sez. 4, n. 37743 del 28/05/2013 – dep. 13/09/2013, Callegaro, Rv. 25620901), mentre, per altre, non è richiesto l’accertamento del nesso eziologico tra l’incidente e la condotta dell’agente, ma il solo collegamento materiale tra il verificarsi del sinistro e lo stato di alterazione dell’agente, alla cui condizione di impoverita capacità di approntare manovre idonee a scongiurare l’incidente sia direttamente ricollegabile la situazione di pericolo. (Fattispecie in cui il conducente di un’auto in stato di ebbrezza alcoolica aveva tamponato violentemente un veicolo antagonista che si era arrestato sulla corsia di sorpasso dell’autostrada). (Sez.4, n. 54991 del 24/10/2017 – dep. 07/12/2017, Fabris, Rv. 27155701; Sez. 02/07/2015 – dep. 10/09/2015, Scudiero, Rv. 26441901).3. Nondimeno, la questione della coefficienza causale della condotta dell’imputato nella produzione del sinistro non appare pertinente al caso di specie, come si evince dalla ricostruzione contenuta nella sentenza impugnata.4. La Corte territoriale, infatti, distingue due sinistri: il primo preesistente, che aveva prodotto il capovolgimento di un veicolo sulla strada, il secondo rappresentato da quello determinato dall’impatto dell’autoveicolo condotto dal T. contro il veicolo già incidentato, fermo al centro della carreggiata. E’ chiaro -e la motivazione della sentenza impugnata non può essere fraintesa sul punto- che rispetto al primo sinistro non si afferma alcun efficienza causale della condotta del T., nè si sostiene che la sussistenza del reato derivi dal suo coinvolgimento in detto sinistro. Il collegio d’appello, al contrario, sostiene che l’imputato abbia provocato il secondo sinistro, consistito nell’impatto contro l’autovettura ferma sulla sede stradale, in posizione capovolta. E’ solo rispetto a quest’ultimo, dunque, che occorre verificare la nozione di incidente stradale nella prospettiva di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2 bis.5. La giurisprudenza di legittimità, nel definire la nozione normativa di incidente stradale, fa riferimento, in primo luogo, al significato letterale del termine, secondo cui è tale qualsiasi avvenimento inatteso che interrompe il normale svolgimento della circolazione stradale e che proprio per tale ragione è portatore di pericolo per la collettività, ed afferma che, tuttavia, una simile definizione coincide proprio con quella che si evince dalle norme del Codice della Strada, come risulta dagli obblighi di segnalazione che il regolamento prevede (art. 356) per il caso di incidente che provochi ingombro della carreggiata, al di là di ogni danno a cose o persone. Ma anche dal fatto che allorchè il legislatore ha ritenuto di diversificare i comportamenti e le conseguenze collegati a un incidente, ciò ha fatto espressamente, come ad esempio nell’art. 189 C.d.S., che stabilisce comportamenti e sanzioni diverse a secondo delle conseguenze che derivano dall’incidente stesso (Cass., Sez. 4, n. 47276/2012).6. Su questa base, ai fini dell’aggravante di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2 bis, è stato ritenuto che “nella nozione di incidente stradale siano da ricomprendersi, tanto l’urto del veicolo contro un ostacolo, quanto la sua fuoriuscita dalla sede stradale; a tal fine, non sono, invece, previsti nè i danni alle persone nè i danni alle cose, con la conseguenza che – per affermarne la sussistenza – è sufficiente qualsiasi, purchè significativa, turbativa del traffico, potenzialmente idonea a determinare danni (Cass., Sez. 4, n. 42488/2012, Rv. 253734; v. altresì Cass., Sez. 4, n. 6381/201.7. Cosi ricostruita la nozione al fine della riconducibilità dell’evento alla condotta va, tuttavia, verificata la sussistenza del nesso di strumentalità – occasionalità tra lo stato di ebbrezza e l’incidente provocato dall’imputato, non potendo certamente giustificarsi l’inflizione di un deteriore trattamento sanzionatorio a carico del guidatore che, pur procedendo illecitamente in stato di ebbrezza, sia stato coinvolto in un incidente stradale di per sè oggettivamente imprevedibile e inevitabile e in ogni caso privo di alcuna connessione con lo stato di alterazione alcolica del soggetto.8. Su questo punto, la Corte introduce una motivazione sintetica, ma esaustiva, poichè sottolinea come il T. abbia provocato il sinistro non perchè il precedente sinistro costituisse un’insidia imprevedibile, ma perchè, nonostante la bassissima velocità tenuta, non ha avuto la capacità di evitare l’impatto, in una situazione di scarsa visibilità, data l’ora notturnà notturna, per la scarsa attenzione prestata, riferibile al suo stato di alterazione alcolica.

    9. Il secondo motivo va parimenti rigettato. La Corte territoriale, invero, benchè concisamente, argomenta sulla reiezione della richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., facendo riferimento alla situazione di grave pericolo creata dal sinistro provocato dal ricorrente, che ha messo a repentaglio la sicurezza di coloro che erano presenti sul luogo del primo sinistro, i quali avrebbero potuto essere investiti dalla vettura sconsideratamente condotta dall’imputato. Non può dirsi, dunque, che manchi quell’autonoma valutazione, richiesta dall’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016 – dep. 06/04/2016, Tushaj, Rv. 26659001). secondo cui deve tenersi conto, ai sensi dell’art. 133 c.p., in modo complessivo e congiunto delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo Elementi questi, sui quali il giudice di appello si sofferma nel corpo della motivazione, richiamandoli e rivalutandoli sotto quel profilo quando affronta il motivo di appello relativo al riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p..

    10. Il terzo motivo è infondato. Per rispondere alla doglianza basta richiamare il principio affermato da questa sezione secondo cui “In tema di reato di guida in stato di ebbrezza, ai fini dell’operatività del divieto di sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità – previsto dall’art. 186 C.d.S., comma 9 bis, – è sufficiente che ricorra la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale essendo, invece, irrilevante che, all’esito del giudizio di comparazione con circostanza attenuante, essa non influisca sul trattamento sanzionatorio. (Sez. 4, n. 48534 del 24/10/2013 – dep. 04/12/2013, Bondioli, Rv. 25728901; Sez. 4, Sentenza n. 7969 del 06/12/2013 Ud. (dep. 19/02/2014) Rv. 258616; Sez. 4, Sentenza n. 13853 del 04/02/2015 Ud. (dep. 01/04/2015) Rv. 263012).

    11. La reiezione di tutti i motivi comporta il rigetto del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018.

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Originally posted 2020-01-04 17:46:48.