Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

Art. 2 – Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

  1. E’ punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni [annuali] relative a dette imposte elementi passivi fittizi.
  2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

2-bis. Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. 

[3. Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 154.937,07, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.] 

 

Trattasi del reato disciplinato dall’art. 2 del D. Lgs. 74/2000, suddiviso in 3 commi, dei quali il secondo, dedicato alla condotta di reato, non subisce modifica, mentre cambia il comma 1 ed è inserito il comma 2 bis. Il reato, molto brevemente e detto in maniera “atecnica”, si configura solitamente con l’utilizzo di false fatture per abbattere l’imponibile fiscale, falsità che è :

  • di tipo oggettivo (quando, in sostanza, il costo è inventato di sana pianta perché l’ipotetica prestazione e/o acquisto fatturato in realtà non è mai avvenuto, o ha subito una evidente maggiorazione artefatta dell’importo di spesa);
  • di tipo soggettivo, circostanza che si configura con l’emissione del documento fiscale ad opera di un soggetto diverso da quello che ha eseguito la prestazione o ceduto i beni (trattasi di un caso “nascosto” per i meno esperti, che spesso si concretizza mediante una semplice richiesta da parte del cedente, il quale chiede “il piacere” di poter fatturare mediante altro soggetto o società: in merito vi forniamo il semplice consiglio spassionato di non accettate simili proposte, posto che le conseguenze possono essere devastanti).

Il nuovo assetto normativo specifica che la pena alla reclusione, precedentemente prevista da 1 anno e 6 mesi a 6 anni, è elevata ad un minimo di 4 anni e fino ad un massimo di 8 anni. La vecchia misura sanzionatoria, cioè la pena della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni, è mantenuta nella sola ipotesi in cui l’ammontare degli elementi passivi fittizi sia inferiore a 100.000 euro.

Cassazione penale sez. III, 24/05/2018, n.46956

In tema di reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture, la sussistenza a carico del cessionario, ai sensi dell’art. 60-bis del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, di un obbligo solidale di versamento dell’IVA gravante sul cedente, peraltro riguardante le sole cessioni reali effettuate a un prezzo inferiore al valore normale e non anche le operazioni inesistenti, non esclude che, a carico del primo, sia comunque ipotizzabile il dolo specifico di evasione, atteso che il meccanismo dell’IVA, basato sulla continuità della registrazione di debiti e crediti nelle contabilità dei soggetti operanti, ammette la possibilità che l’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti sia finalizzata all’evasione.

 

Cassazione penale sez. IV, 20/03/2018, n.17401

I reati di dichiarazione fraudolenta ai fini Iva mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ex articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000 commessi in epoca precedente la pronuncia della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, Taricco, dell’8 settembre 2015, anche se non ancora prescritti a tale data, rimangono soggetti alla disciplina nazionale in materia di prescrizione, pur se questa risulti in contrasto con il diritto europeo, perché idonea a pregiudicare gli obblighi imposti a tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea. Infatti, come del resto puntualizzato dalla successiva sentenza della stessa Corte di giustizia in data 5 dicembre 2017, il contrasto – quanto al regime di prescrizione – tra il diritto europeo e il diritto nazionale non può condurre alla disapplicazione della norma di diritto interno laddove essa comporti violazione del “principio di legalità” dei reati e delle pene, nei suoi aspetti di prevedibilità, determinatezza e irretroattività della legge penale (la Corte, anzi, ha ritenuto tale affermazione di principio in grado di superare il vincolo formale del giudicato e, per l’effetto, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per intervenuta prescrizione, nonostante che il procedimento provenisse da precedente annullamento con rinvio, dove la Corte si era limitata ad annullare la sentenza in ordine al profilo sanzionatorio, onde si sarebbe dovuto considerare formato il giudicato sulla responsabilità).

 

Cassazione penale sez. fer., 31/08/2017, n.47603

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), non è necessario che le fatture o gli altri documenti siano creati da terzi compiacenti, ben potendo essi essere creati dallo stesso utilizzatore.

 

Cassazione penale sez. V, 14/07/2017, n.43976

È configurabile il concorso tra il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000) e quello di bancarotta impropria mediante operazioni dolose previsto dall’art. 223, comma 2, n. 2 l. fall. (Fattispecie in cui l’evasione dell’imposta aveva determinato l’insorgenza di consistenti debiti a carico della società amministrata dovuti a sanzioni, interessi ed oneri accessori, oltre all’IVA, con conseguente incapacità della predetta società di fare fronte alle proprie obbligazioni e conseguente fallimento della stessa).

 

Cassazione penale, sez. III, 09/06/2017, n. 39541

Il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti è integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva, relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre, con riguardo all’IVA, esso comprende anche l’inesistenza soggettiva.

 

 

Precisa la suprema Corte : Ai fini della configurabilità del delitto di emissione di fatture od altri documenti per operazioni soggettivamente inesistenti, quando risulti provata dalla pubblica accusa la fittizietà dell’intestazione delle fatture, è onere del soggetto emittente dimostrare la corrispondenza fra il dato fattuale, relativo ai rapporti giuridici che si affermano essere effettivamente intercorsi, e quello documentale, attraverso il quale tali rapporti sono attestati. (Nella specie, la Corte ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto sprovvista di prova la mera allegazione difensiva circa l’esistenza di una delegazione di pagamento intercorsa fra l’intestatario delle fatture di vendita di alcune autovetture ed i diversi soggetti che avevano versato il relativo prezzo).

In tema di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 d.lg. n. 74/2000), qualora si deduca, a fronte dell’obiettiva, mancata effettuazione della prestazione fatturata, che la stessa era stata comunque pagata in anticipo, occorre, per attribuire valore a tale deduzione, che la mancata effettuazione risulti annotata, entro il prescritto termine, nel registro di cui all’art. 23 d.P.R. n. 633/1972.

 

In tema di reati finanziari e tributari, il delitto di emissione di fatture od altri documenti per operazioni inesistenti è configurabile anche in caso di fatturazione solo soggettivamente falsa, quando cioè l’operazione oggetto di imposizione fiscale sia stata effettivamente eseguita e tuttavia non vi sia corrispondenza soggettiva tra il prestatore indicato nella fattura od altro documento fiscalmente rilevante e il soggetto giuridico che abbia erogato la prestazione, in quanto anche in tal caso è possibile conseguire il fine illecito indicato dalla norma in esame, ovvero consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

 

Risponde di concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lg. n. 74 del 2000) il soggetto che, d’intesa con gli autori delle dichiarazioni, fornisca ai medesimi, nell’ambito dell’attività di “esperto contabile” prestata in loro favore, le fatture per operazioni inesistenti all’uopo fatte predisporre da terzi.

È doveroso chiarire il concetto di operazioni inesistenti secondo la più recente giurisprudenza che ha provveduto a precisare che relativamente al soggetto che emette la fattura/documento per l’operazione inesistente, la Cassazione ha superato l’orientamento che limitava l’operatività della fattispecie de qua ai casi in cui le fatture siano state emesse da terzi, in tal modo evidenziando la differenza con i delitti puniti agli artt. del medesimo decreto. Nel ragionamento della Corte, la condotta sanzionata dall’art. 2 è “la falsificazione della dichiarazione dei redditi che si consuma attraverso la rappresentazione di operazioni inesistenti, essendo indifferente che la documentazione falsa provenga dallo stesso autore della dichiarazione piuttosto che da terzi. (…)Si ritiene, in conclusione che la fattispecie prevista dal D.lgs. n. 74 del 2000, art. 2 sanzioni i comportamenti che si risolvono nella presentazione di una dichiarazione dei redditi che rappresenti operazioni inesistenti, nulla rilevando che le fatture o i documenti che attestano tali operazioni siano creati dalla stessa persona che presenta la dichiarazione o da terzi” (Cass., Sez. fer., n. 47603/2017).

L’inesistenza è oggettiva nel caso in cui sia stata documentata in fattura un’operazione mai avvenuta o avvenuta solo in parte.

L’inesistenza è soggettiva, invece, nel caso in cui l’operazione sia avvenuta tra soggetti differenti da quelli indicati in fattura.

I “soggetti diversi da quelli effettivi”, ai sensi del citato d.lgs., art. 1, lett. a), sono coloro che, pur avendo apparentemente emesso il documento, non hanno effettuato la prestazione, sono irreali, come nel caso di nomi di fantasia, o non hanno avuto alcun rapporto con il contribuente finale” (Cass., Sez. III, n. 47823/2017).