AVVOCATO PENALE FAMIGLIA BOLOGNA 

SEI IMPUTATO DI MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA?

SEI VITTIMA DI MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA?

CHIAMA , CHIAMA SUBITO

 

AVVOCATO PENALE FAMIGLIA BOLOGNA 
AVVOCATO PENALE FAMIGLIA BOLOGNA

Il diritto penale della famiglia è la branca del diritto penale che si occupa dei reati commessi nell’ambito della famiglia. I reati penali della famiglia sono finalizzati a tutelare l’integrità fisica e morale dei membri della famiglia, nonché la loro libertà e la loro sicurezza.

In Italia, la disciplina dei reati penali della famiglia è contenuta nel codice penale, nel codice civile e in altre leggi speciali.

I reati penali della famiglia possono essere classificati in base a diversi criteri, tra cui:

  • In base al soggetto attivo: i reati penali della famiglia possono essere commessi da chiunque, oppure possono essere commessi solo da determinati soggetti, come i coniugi, i genitori, i figli, i parenti, gli affini, ecc.

  • In base al bene giuridico tutelato: i reati penali della famiglia possono tutelare l’integrità fisica e morale dei membri della famiglia, la loro libertà e la loro sicurezza.

  • In base al tipo di condotta: i reati penali della famiglia possono essere commessi attraverso un’azione, un’omissione, o un comportamento omissivo.

I reati penali della famiglia più comuni sono:

  • Maltrattamenti in famiglia: consiste nel cagionare dolosamente un danno alla salute fisica o psichica di un familiare, in modo abituale o reiterato.
  • Violenza sessuale: consiste nel compiere atti sessuali con violenza, minaccia o abuso di autorità su un familiare.
  • Atti persecutori: consiste nel molestare o minacciare una persona, in modo reiterato e grave, con lo scopo di costringerla a fare o a non fare qualcosa.
  • Omesso versamento dell’assegno alimentare: consiste nell’omettere di versare l’assegno alimentare stabilito dal giudice in favore di un familiare.

I reati penali della famiglia sono puniti con la pena della reclusione, la cui durata varia a seconda della gravità del reato. In alcuni casi, è prevista anche la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici.

In particolare, a Bologna, i reati penali della famiglia sono trattati dal Tribunale di Bologna, che ha una sezione specializzata in materia di reati contro la persona e la famiglia.

In caso di coinvolgimento in un reato penale della famiglia, è importante rivolgersi a un avvocato penalista specializzato in questa materia, che potrà fornire assistenza legale e tutelare i diritti dell’indagato o dell’imputato.

L’elemento soggettivo DEL REATO ART 572 CP

1)L’elemento psicologico del delitto de quo è il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà del maltrattante di infliggere una serie di sofferenze alla vittima.

2)Il maltrattante deve agire quindi con lo scopo di maltrattare la vittima e con la consapevolezza dei turbamenti a questa arrecati con la sua condotta.

La pena del reato 572 cp

La pena base del reato in esame è la reclusione da 3 a 7 anniaumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità o se il fatto è commesso con armi; se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da 4 a 9 anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da 7 a 15 anni; se ne deriva la morte, la reclusione da 12 a 24 anni.

La procedibilità del reato

La procedibilità per il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi è d’ufficio.

COSA VUOL DIRE?

Ciò significa che le forze dell’ordine, rese edotte dei fatti con qualsiasi modalità (solitamente per mezzo di una denuncia), daranno avvio ad un procedimento penale in cui acquisiranno tutte le fonti di prova – quali s.i.t. o prove documentali

maltrattamenti in famiglia reato abituale:

 la competenza per territorio si radica innanzi al giudice del luogo di realizzazione dell’ultimo dei molteplici fatti caratterizzanti il reato.

Nel caso di “convivenza more uxorio”, il delitto di maltrattamenti in famiglia è configurabile soltanto per le condotte tenute fino a quando la convivenza non sia cessata, mentre le azioni violente o persecutorie compiute in epoca successiva possono integrare il delitto di atti persecutori.

Per configurabilità del reato abituale di maltrattamenti in famiglia, è richiesto il compimento di atti che non siano sporadici e manifestazione di un atteggiamento di contingente aggressività, occorrendo una persistente azione vessatoria idonea a ledere la personalità della vittima. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna emessa in relazione a tre distinti episodi di minaccia, ingiuria e percosse, posti in essere dall’imputato a distanza di tempo l’uno dall’altro ed in un arco temporale di circa undici mesi).

rapporti fra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori (art. 612-bis, cod. pen.),

salvo il rispetto della clausola di sussidiarietà prevista dall’art. 612-bis, comma primo, cod. pen. – che rende applicabile il più grave reato di maltrattamenti quando la condotta valga ad integrare gli elementi tipici della relativa fattispecie – è invece configurabile l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori (prevista dall’art. 612-bis, comma secondo, cod. pen.) in presenza di comportamenti che, sorti nell’ambito di una comunità familiare (o a questa assimilata), ovvero determinati dalla sua esistenza e sviluppo, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo o comunque della sua attualità temporale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva configurato il concorso tra i due reati, sul presupposto della diversità dei beni giuridici tutelati, ritenendo integrato quello di maltrattamenti in famiglia fino alla data di interruzione del rapporto di convivenza e poi, dalla cessazione di tale rapporto, quello di atti persecutori).

E configurabile lo stato di quasi flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia purché:

 a) il singolo episodio lesivo risulti non isolato ma quale ultimo anello di una catena di comportamenti violenti o in altro modo lesivi;

 b) l’episodio delittuoso sia avvenuto immediatamente prima e l’autore di esso si sia dato alla fuga ovvero sia sorpreso con cose o tracce dalle quali appare che egli abbia appena commesso il reato. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto che correttamente il G.i.p. avesse escluso la quasi flagranza in relazione ad arresto eseguito per fatti già avvenuti al momento dell’intervento della P.G. ed in presenza di un atteggiamento genericamente “aggressivo” dell’imputato, ma non connotato da minacce o ingiurie alla persona offesa).

Le pratiche vessatorie realizzate ai danni di un lavoratore dipendente al fine di determinare l’emarginazione (cd. mobbing),

 anche dopo le modifiche apportate dalla legge n. 172 del 2012, possano integrare il delitto di maltrattamenti in famiglia soltanto quando s’inquadrino nel contesto di un rapporto che – per le caratteristiche peculiari della prestazione lavorativa ovvero per le dimensioni e la natura del luogo di lavoro – comporti relazioni intense e abituali, una stretta comunanza di vita ovvero una relazione di affidamento del soggetto più debole verso quello rivestito di autorità, assimilabili alle caratteristiche proprie del consorzio familiare. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso la sussistenza del delitto in parola, per essersi verificate le condotte vessatorie nel contesto di un’articolata realtà aziendale, caratterizzata da uno stabilimento di ampie dimensioni e da decine di dipendenti sindacalizzati). Integra la circostanza aggravante della lesione grave, di cui al secondo comma dell’art. 572 cod. pen., la ritardata crescita del minore che, per via dei maltrattamenti, si sia trovato in condizioni di denutrizione o malnutrizione tali da cagionare la predetta malattia.

Integrano il reato di maltrattamenti in danno del figlio minore anche le condotte persecutorie poste in essere da un genitore nei confronti dell’altro quando il figlio è costretto ad assistervi sistematicamente, trattandosi di condotta espressiva di una consapevole indifferenza verso gli elementari bisogni affettivi ed esistenziali del minore ed idonea a provocare sentimenti di sofferenza e frustrazione in quest’ultimo.

Il delitto di maltrattamenti è configurabile anche nel caso in cui i comportamenti vessatori non siano rivolti direttamente in danno dei figli minori, ma li coinvolgano indirettamente, come involontari spettatori delle liti tra i genitori che si svolgono all’interno delle mura domestiche (c.d. violenza assistita), sempre che sia stata accertata l’abitualità delle condotte e la loro idoneità a cagionare uno stato di sofferenza psicofisica nei minori spettatori passivi.

In assenza di vincoli nascenti dal coniugio, il delitto di maltrattamenti in famiglia è configurabile nei confronti di persona non più convivente “more uxorio” con l’agente a condizione che quest’ultimo conservi con la vittima una stabilità di relazione dipendente dai doveri connessi alla filiazione. Il reato di sequestro di persona è assorbito in quello di maltrattamenti in famiglia previsto dall’art. 572 cod. pen. soltanto quando le condotte di arbitraria compressione della libertà di movimento della vittima non sono ulteriori ed autonome rispetto a quelle specificatamente maltrattanti. (In applicazione di questo principio la S.C. ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale per il riesame che aveva escluso il concorso del reato di sequestro di persona con quello di cui all’art. 572 cod. pen., relativamente alle condotte di imbragare o legare su passeggini o seggiolini bambini in tenerissima età nell’ambito di maltrattamenti compiuti in loro danno all’interno di un asilo).

È legittimo l’arresto in flagranza per il delitto di maltrattamenti qualora la polizia giudiziaria, dopo avere raccolto le dichiarazioni della persona offesa su comportamenti di reiterata sopraffazione, assista personalmente ad un singolo episodio che, pur non integrando autonoma ipotesi di reato, si pone inequivocabilmente in una situazione di continuità con le condotte denunziate dalla persona offesa medesima. (Fattispecie in cui una persona, la cui convivente aveva denunciato reiterate ipotesi di violenze e sopraffazioni, il giorno dell’arresto, recatosi presso l’abitazione della donna e verificato che quest’ultima era in auto con i carabinieri, aveva provato in modo irruento ad aprire la portiera dell’auto di servizio per parlare con la predetta).

Le pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente e finalizzate alla sua emarginazione (c.d. “mobbing”) possono integrare il delitto di cui all’art. 572 c.p., anche nel testo modificato dalla l. n. 172 del 2012 esclusivamente se, il rapporto tra il datore di lavoro ed il dipendente assume natura para-familiare, in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia. (Nella specie, la Corte pur escludendo la configurabilità del delitto di maltrattamenti, ha annullato con rinvio la sentenza assolutoria perché il giudice valutasse se i disturbi ansioso-depressivi lamentati dalla vittima potessero integrare il delitto di lesioni personali).

Cass. pen. n. 25498/2017

In assenza di vincoli nascenti dal coniugio, il delitto di maltrattamenti in famiglia è configurabile nei confronti di persona non più convivente “more uxorio” con l’agente a condizione che quest’ultimo conservi con la vittima una stabilità di relazione dipendente dai doveri connessi alla filiazione. (In motivazione, la S.C. ha precisato che la permanenza del complesso di obblighi verso il figlio implica il permanere in capo ai genitori, che avevano costituito una famiglia di fatto, dei doveri di collaborazione e di reciproco rispetto). Le pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente e finalizzate alla sua emarginazione (c.d. “mobbing”) possono integrare il delitto di cui all’art. 572 c.p., anche nel testo modificato dalla l. n. 172 del 2012 esclusivamente se, il rapporto tra il datore di lavoro ed il dipendente assume natura para-familiare, in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia. (Nella specie, la Corte pur escludendo la configurabilità del delitto di maltrattamenti, ha annullato con rinvio la sentenza assolutoria perché il giudice valutasse se i disturbi ansioso-depressivi lamentati dalla vittima potessero integrare il delitto di lesioni personali).

Il delitto di maltrattamenti è configurabile pure se con la vittima degli abusi vi sia un rapporto familiare di mero fatto, desumibile, anche in assenza di una stabile convivenza, dalla messa in atto di un progetto di vita basato sulla reciproca solidarietà ed assistenza. (Nella specie, la Corte ha escluso ricorresse un rapporto di tal genere nel caso di due persone che, pur avendo generato dei figli, non avevano convissuto se non per brevissimi periodi ed avevano instaurato un legame caratterizzato da precarietà ed instabilità).

Il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe i delitti di percosse e minacce anche gravi, ma non quelli di lesioni, danneggiamento ed estorsione, attesa la diversa obiettività giuridica dei reati.

In tema di maltrattamenti in famiglia, integra la circostanza aggravante di cui all’art. 572, secondo comma, c.p. la condotta di colui che ponga in essere fatti di maltrattamento nel cui ambito si inscriva un’azione “finale”, anche se compiuta da un concorrente, la quale provochi direttamente il decesso della persona offesa, quando i maltrattamenti, globalmente considerati, pure in considerazione dell’ultimo episodio di violenza, abbiano idoneità concreta ad offendere il bene vita. (Fattispecie in cui la sentenza impugnata aveva attribuito la morte di un minore non solo all’autore del colpo letale, ma anche ad altro soggetto che aveva maltrattato la vittima con medesime modalità, ritenendo l’ultima percossa ed il successivo decesso il naturale sviluppo dell’unitaria ed abituale condotta di maltrattamenti).

Le pratiche persecutorie realizzate ai danni del lavoratore dipendente e finalizzate alla sua emarginazione (cosiddetto “mobbing”) possono integrare il delitto di maltrattamenti in famiglia esclusivamente qualora il rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente assuma natura para-familiare, in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia. (Fattispecie in cui è stata esclusa la configurabilità del reato in relazione alle condotte vessatorie poste in essere dal vice Presidente di un ATER nei confronti di una dipendente).

Il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe i delitti di percosse e minacce, anche gravi, ma non quello di lesioni, attesa la diversa obiettività giuridica dei reati.

In tema di maltrattamenti in famiglia, l’intervenuta prescrizione degli autonomi illeciti eventualmente integrati da alcune delle condotte che concorrono a realizzare il reato non ne determina l’irrilevanza ai fini della sussistenza di quest’ultimo, qualora per esso la causa estintiva non si sia ancora perfezionata.

rapporti fra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori (art. 612-bis, cod. pen.):

 salvo il rispetto della clausola di sussidiarietà prevista dall’art. 612-bis, comma primo, cod. pen. – che rende applicabile il più grave reato di maltrattamenti quando la condotta valga ad integrare gli elementi tipici della relativa fattispecie – è invece configurabile l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori (prevista dall’art. 612-bis, comma secondo, cod. pen.) in presenza di comportamenti che, sorti nell’ambito di una comunità familiare (o a questa assimilata), ovvero determinati dalla sua esistenza e sviluppo, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo o comunque della sua attualità temporale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva configurato il concorso tra i due reati, sul presupposto della diversità dei beni giuridici tutelati, ritenendo integrato quello di maltrattamenti in famiglia fino alla data di interruzione del rapporto di convivenza e poi, dalla cessazione di tale rapporto, quello di atti persecutori).

E configurabile lo stato di quasi flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia purché: a) il singolo episodio lesivo risulti non isolato ma quale ultimo anello di una catena di comportamenti violenti o in altro modo lesivi; b) l’episodio delittuoso sia avvenuto immediatamente prima e l’autore di esso si sia dato alla fuga ovvero sia sorpreso con cose o tracce dalle quali appare che egli abbia appena commesso il reato. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto che correttamente il G.i.p. avesse escluso la quasi flagranza in relazione ad arresto eseguito per fatti già avvenuti al momento dell’intervento della P.G. ed in presenza di un atteggiamento genericamente “aggressivo” dell’imputato, ma non connotato da minacce o ingiurie alla persona offesa).

Le pratiche vessatorie realizzate ai danni di un lavoratore dipendente al fine di determinare l’emarginazione (cd. mobbing), anche dopo le modifiche apportate dalla legge n. 172 del 2012, possano integrare il delitto di maltrattamenti in famiglia soltanto quando s’inquadrino nel contesto di un rapporto che – per le caratteristiche peculiari della prestazione lavorativa ovvero per le dimensioni e la natura del luogo di lavoro – comporti relazioni intense e abituali, una stretta comunanza di vita ovvero una relazione di affidamento del soggetto più debole verso quello rivestito di autorità, assimilabili alle caratteristiche proprie del consorzio familiare. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso la sussistenza del delitto in parola, per essersi verificate le condotte vessatorie nel contesto di un’articolata realtà aziendale, caratterizzata da uno stabilimento di ampie dimensioni e da decine di dipendenti sindacalizzati).

In tema di maltrattamenti contro familiari e conviventi, integra la circostanza aggravante della lesione grave, di cui al secondo comma dell’art. 572 cod. pen., la ritardata crescita del minore che, per via dei maltrattamenti, si sia trovato in condizioni di denutrizione o malnutrizione tali da cagionare la predetta malattia.

È legittimo l’arresto in flagranza per il delitto di maltrattamenti qualora la polizia giudiziaria, dopo avere raccolto le dichiarazioni della persona offesa su comportamenti di reiterata sopraffazione, assista personalmente ad un singolo episodio che, pur non integrando autonoma ipotesi di reato, si pone inequivocabilmente in una situazione di continuità con le condotte denunziate dalla persona offesa medesima. (Fattispecie in cui una persona, la cui convivente aveva denunciato reiterate ipotesi di violenze e sopraffazioni, il giorno dell’arresto, recatosi presso l’abitazione della donna e verificato che quest’ultima era in auto con i carabinieri, aveva provato in modo irruento ad aprire la portiera dell’auto di servizio per parlare con la predetta).

Integra il delitto di maltrattamenti in famiglia il genitore che tenga nei confronti del figlio minore comportamenti iperprotettivi tali da incidere sullo sviluppo psicofisico dello stesso, a prescindere dal fatto che il minore abbia o meno percepito tali comportamenti come un maltrattamento o vi abbia acconsentito. (Fattispecie in cui la madre, in concorso con il nonno del minore, aveva nel tempo e fino all’età preadolescenziale di quest’ultimo, posto in essere atteggiamenti qualificati dal giudice del merito come eccesso di accudienza e consistiti nell’impedimento dei rapporti coi coetanei, nell’esclusione del minore dalle attività inerenti la motricità, anche quando organizzate dall’istituzione scolastica, nonché nell’induzione della rimozione della figura paterna costantemente dipinta in termini negativi, fino ad impedire allo stesso minore di utilizzare il cognome del padre).

Il delitto di maltrattamenti in famiglia è configurabile anche in danno di una persona legata all’autore della condotta da una relazione sentimentale, che abbia comportato un’ assidua frequentazione della di lei abitazione, trattandosi di un rapporto abituale tale da far sorgere sentimenti di umana solidarietà e doveri di assistenza morale e materiale.

Art. 572.

Maltrattamenti contro familiari e conviventi.

Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni (1).

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi (2).

[La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di persona minore degli anni quattordici] (3).

Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni.

Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato (4).

In tema di maltrattamenti in famiglia, stante la natura di reato abituale, la competenza per territorio si radica innanzi al giudice del luogo di realizzazione dell’ultimo dei molteplici fatti caratterizzanti il reato.

Si compie il delitto di maltrattamenti è configurabile anche nel caso in cui i comportamenti vessatori non siano rivolti direttamente in danno dei figli minori, ma li coinvolgano indirettamente, come involontari spettatori delle liti tra i genitori che si svolgono all’interno delle mura domestiche (c.d. violenza assistita), sempre che sia stata accertata l’abitualità delle condotte e la loro idoneità a cagionare uno stato di sofferenza psicofisica nei minori spettatori passivi.

il delitto di maltrattamenti è configurabile nei confronti di persona non più convivente “more uxorio” con l’agente a condizione che quest’ultimo conservi con la vittima una stabilità di relazione dipendente dai doveri connessi alla filiazione. (In motivazione, la S.C. ha precisato che la permanenza del complesso di obblighi verso il figlio implica il permanere in capo ai genitori, che avevano costituito una famiglia di fatto, dei doveri di collaborazione e di reciproco rispetto).

Il reato di sequestro di persona è assorbito in quello di maltrattamenti in famiglia previsto dall’art. 572 cod. pen. soltanto quando le condotte di arbitraria compressione della libertà di movimento della vittima non sono ulteriori ed autonome rispetto a quelle specificatamente maltrattanti. (In applicazione di questo principio la S.C. ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale per il riesame che aveva escluso il concorso del reato di sequestro di persona con quello di cui all’art. 572 cod. pen., relativamente alle condotte di imbragare o legare su passeggini o seggiolini bambini in tenerissima età nell’ambito di maltrattamenti compiuti in loro danno all’interno di un asilo).

“convivenza more uxorio” e il delitto di maltrattamenti

il delitto di maltrattamenti in famiglia è configurabile soltanto per le condotte tenute fino a quando la convivenza non sia cessata, mentre le azioni violente o persecutorie compiute in epoca successiva possono integrare il delitto di atti persecutori.

Ai fini della configurabilità del reato abituale di maltrattamenti in famiglia, è richiesto il compimento di atti che non siano sporadici e manifestazione di un atteggiamento di contingente aggressività, occorrendo una persistente azione vessatoria idonea a ledere la personalità della vittima. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna emessa in relazione a tre distinti episodi di minaccia, ingiuria e percosse, posti in essere dall’imputato a distanza di tempo l’uno dall’altro ed in un arco temporale di circa undici mesi).

Integrano il reato di maltrattamenti in danno del figlio minore anche le condotte persecutorie poste in essere da un genitore nei confronti dell’altro quando il figlio è costretto ad assistervi sistematicamente, trattandosi di condotta espressiva di una consapevole indifferenza verso gli elementari bisogni affettivi ed esistenziali del minore ed idonea a provocare sentimenti di sofferenza e frustrazione in quest’ultimo.

Tale reato è configurabile pure se con la vittima degli abusi vi sia un rapporto familiare di mero fatto, desumibile, anche in assenza di una stabile convivenza, dalla messa in atto di un progetto di vita basato sulla reciproca solidarietà ed assistenza. (Nella specie, la Corte ha escluso ricorresse un rapporto di tal genere nel caso di due persone che, pur avendo generato dei figli, non avevano convissuto se non per brevissimi periodi ed avevano instaurato un legame caratterizzato da precarietà ed instabilità).

Il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe i delitti di percosse e minacce anche gravi, ma non quelli di lesioni, danneggiamento ed estorsione, attesa la diversa obiettività giuridica dei reati.

integra la circostanza aggravante di cui all’art. 572, secondo comma, c.p.

la condotta di colui che ponga in essere fatti di maltrattamento nel cui ambito si inscriva un’azione “finale”, anche se compiuta da un concorrente, la quale provochi direttamente il decesso della persona offesa, quando i maltrattamenti, globalmente considerati, pure in considerazione dell’ultimo episodio di violenza, abbiano idoneità concreta ad offendere il bene vita. (Fattispecie in cui la sentenza impugnata aveva attribuito la morte di un minore non solo all’autore del colpo letale, ma anche ad altro soggetto che aveva maltrattato la vittima con medesime modalità, ritenendo l’ultima percossa ed il successivo decesso il naturale sviluppo dell’unitaria ed abituale condotta di maltrattamenti).

 

AVVOCATO PENALE FAMIGLIA BOLOGNA – AVVOCATO PENALE FAMIGLIA BOLOGNA 

Il penalista della famiglia di cosa si occupa ?

Dei reati familiari (delitti contro la famiglia come disciplinati nel codice penale artt. 556/574 CP).

 

 

L’evoluzione dei costumi degli Italiani (o l’involuzione) ha provocato l’aumento esponenziale delle separazioni e dei divorzi negli ultimi anni.

La giurisprudenza di legittimità è costantemente orientata ad affermare che “in tema di reati contro la famiglia, la fattispecie di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 12-sexies, richiamata dalla previsione di cui alla L. n. 54 del 2006, art. 3, che punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice a favore dei figli (senza limitazione di età) economicamente non autonomi, è reato perseguibile d’ufficio a natura permanente, la cui consumazione termina con l’adempimento integrale dell’obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di primo grado, quando dal giudizio emerga espressamente che l’omissione si è protratta anche dopo l’emissione del decreto di citazione a giudizio” (Sez. 6, n. 23794 del 27/04/2017, P.G. in proc. B., Rv. 270223). Non sussistono neppure dubbi che, quanto ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21, vi è continuità normativa tra la fattispecie prevista dall’art. 570-bis c.p. e quella prevista dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3 (Sez. 6, n. 56080 del 17/10/2018, G., Rv. 2747329, sicchè la sentenza impugnata va annullata con rinvio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia perchè proceda a nuovo giudizio facendo applicazione dei richiamati principi di diritto.

La famiglia come è tutelata dal legislatore penale?

Nelle separazione giudiziali spesso vi sono parentesi penali. Ed ancora, persegue penalmente l’alterazione, la supposizione e/o la soppressione dello stato di nascita di un figlio, nonché reprime ogni violazione relativa all’assistenza familiare, avendo riguardo sia all’aspetto psicologico che patrimoniale.

Quale è il reato piu’ frequente?

Il reato che si riscontra  piu’ frequentemente è previsto dall’art 572 bis cp riguardante maltrattamenti in famiglia .Tale reato non presuppone necessariamente l’esistenza di vincoli di parentela civili o naturali, ma sussiste anche nei riguardi di una persona convivente more uxorio.

Maltrattamenti contro familiari e conviventiAVVOCATO PENALE FAMIGLIA BOLOGNA 

  1. Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni.
    2.La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi.
    3.abrogato (d.l. 14 agosto 2013, n. 93, convertito con modificazioni dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119)
    4. Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni.
    5. Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato.

MANCATO PAGAMENTO ALIMENTI REATO- AVVOCATO PENALE FAMIGLIA BOLOGNA 

La giurisprudenza di legittimità è costantemente orientata ad affermare che “in tema di reati contro la famiglia, la fattispecie di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 12-sexies, richiamata dalla previsione di cui alla L. n. 54 del 2006, art. 3, che punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice a favore dei figli (senza limitazione di età) economicamente non autonomi, è reato perseguibile d’ufficio a natura permanente, la cui consumazione termina con l’adempimento integrale dell’obbligo ovvero con la data di deliberazione della sentenza di primo grado, quando dal giudizio emerga espressamente che l’omissione si è protratta anche dopo l’emissione del decreto di citazione a giudizio” (Sez. 6, n. 23794 del 27/04/2017, P.G. in proc. B., Rv. 270223). Non sussistono neppure dubbi che, quanto ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21, vi è continuità normativa tra la fattispecie prevista dall’art. 570-bis c.p. e quella prevista dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3 (Sez. 6, n. 56080 del 17/10/2018, G., Rv. 2747329, sicchè la sentenza impugnata va annullata con rinvio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia perchè proceda a nuovo giudizio facendo applicazione dei richiamati principi di diritto.

Quando una persona subisce un danno a causa della condotta di un altro soggetto, può in linea di massima sempre avanzare una pretesa risarcitoria nei confronti di questi.

E’ peraltro possibile che la condotta di chi ha commesso il fatto lesivo sia rilevante per gli effetti del diritto penale, in forma di reato doloso (es.: furto) o in forma di illecito colposo (per esempio, le lesioni colpose del medico che produca un danno al paziente per negligenza).

In taluni casi, le autorità procederanno comunque a perseguire e punire il colpevole, poiché i fatti sono stati ritenuti dal legislatore di particolare rilevanza: si tratta di  reati procedibili d’ufficio.

In altri casi, invece, perché le autorità si attivino è necessario che il soggetto leso si rivolga ad esse attraverso un atto di querela. Con questa, si provvede a denunciare il fatto e a mettere le autorità al corrente del commesso reato, richiedendo contemporaneamente che il colpevole sia punito. Si tratta di reati procedibili a querela.

In questa seconda ipotesi è importante l’assistenza di un avvocato penalista esperto penale famiglia professionista nella redazione della querela: in primis evita al cliente di denunciare fatti e condotte in modo vago ed impreciso

 Questo  potrebbe portare all’iscrizione dei fatti nel c.d. modello 45, ossia il registro tenuto dalla Procura della Repubblica che contiene le notizie di fatti che non costituiscono reato e che permette al Pubblico Ministero di procedere all’archiviazione diretta del fascicolo; ma soprattutto il professionista è in grado di formulare la querela in modo completo, così da non vanificare i propositi dell’assistito, .

Purtroppo, come le statistiche impietosamente ci dicono, accanto alle procedure separative e divorzili, sorgono vicende che rivestono risvolti penali. La violenza tra le mura domestiche è in netta ascesa.

Ciò impone all’avvocato matrimonialista una corretta preparazione e formazione anche in diritto penale e diritto processuale penale.

L’avvocato diritto penale della famiglia Bologna  matrimonialista, quello vero, è anche penalista familiare o della famiglia perché, oltre ad occuparsi delle procedure in sede civile, deve sapersi muovere ad alto livello tecnico anche nel settore dei delitti contro la famiglia e organizzare due processi distinti contemporaneamente.

L’importante art . 572 del codice penale il legislatore, nel punire chi “maltratta una persona della famiglia o comunque convivente”, ha lasciato in maniera del tutto voluta la formula della qualificazione giuridica del fatto/reato molto aperta, facendo esclusivo riferimento alla parola “maltratta” e non riportando quindi, in termini più specifici, quali siano le condotte mediante le quali si viene a configurare il delitto di maltrattamenti in famiglia.

La scelta legislativa, in questo caso, è stata assolutamente voluta e realizzata proprio al fine di non porre dei paletti eccessivamente stringenti agli interpreti del diritto, in questo caso i Giudici, nella valutazione delle varie condotte che possano costituire il delitto di maltrattamenti in famiglia.  

L’individuazione esatta della fattispecie criminosa in ambito familiare è importantissima.

Succede che un famiglirista puro non sia in grado di qualificare giuridicamente un delitto contro la famiglia ecco perché occorre  un avvocato matrimonialista esperto di diritto penale della famiglia

AVVOCATO PENALE FAMIGLIA BOLOGNA Codice Penale 

LIBRO SECONDO
DEI DELITTI IN PARTICOLARE

TITOLO XI
Dei delitti contro la famiglia

Capo I
Dei delitti contro il matrimonio

Art. 556.
Bigamia.

Chiunque, essendo legato da un matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili.
La pena è aumentata se il colpevole ha indotto in errore la persona, con la quale ha contratto matrimonio, sulla libertà dello stato proprio o di lei.
Se il matrimonio, contratto precedentemente dal bigamo, è dichiarato nullo, ovvero è annullato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia, il reato è estinto, anche rispetto a coloro che sono concorsi nel reato, e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali.

Art. 557.
Prescrizione del reato.

Il termine della prescrizione per il delitto preveduto dall’articolo precedente decorre dal giorno in cui è sciolto uno dei due matrimoni o è dichiarato nullo il secondo per bigamia.

Art. 558.
Induzione al matrimonio mediante inganno.

Chiunque, nel contrarre matrimonio avente effetti civili, con mezzi fraudolenti occulta all’altro coniuge l’esistenza di un impedimento che non sia quello derivante da un precedente matrimonio è punito, se il matrimonio è annullato a causa dell’impedimento occultato, con la reclusione fino a un anno ovvero con la multa da euro 206 a euro 1.032.

Art. 558-bis.

Costrizione o induzione al matrimonio (1).

Chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

La stessa pena si applica a chiunque, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell’autorità derivante dall’affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile.

La pena è aumentata se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni diciotto.

La pena è da due a sette anni di reclusione se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni quattordici.

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia.

(1) Articolo inserito dall’art. 7, comma 1, L. 19 luglio 2019, n. 69, a decorrere dal 9 agosto 2019.

[Art. 559.
Adulterio.

La moglie adultera è punita con la reclusione fino a un anno. Con la stessa pena è punito il correo dell’adultera.
La pena è della reclusione fino a due anni nel caso di relazione adulterina. (
1)
Il delitto è punibile a querela del marito. (
2)]

(1) La Corte costituzionale con sentenza n. 126/1968 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del primo e del secondo comma del presente articolo.
(2) La Corte costituzionale con sentenza n. 147/1969 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma terzo del presente articolo.

Art. 560.
Concubinato.

[Il marito, che tiene una concubina nella casa coniugale, o notoriamente altrove, è punito con la reclusione fino a due anni.
La concubina è punita con la stessa pena.
Il delitto è punibile a querela della moglie.
] (1)

(1) La Corte costituzionale con sentenza n. 147/1969 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma.

Art. 561.
Casi di non punibilità. Circostanza attenuante. (
1)

[Nel caso preveduto dall’articolo 559, non è punibile la moglie quando il marito l’abbia indotta o eccitata alla prostituzione ovvero abbia comunque tratto vantaggio dalla prostituzione di lei.
Nei casi preveduti dai due articoli precedenti non è punibile il coniuge legalmente separato per colpa dell’altro coniuge, ovvero da questo ingiustamente abbandonato.
Se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato per colpa propria o per colpa propria e dell’altro coniuge o per mutuo consenso, la pena è diminuita. 
]

(1) Vedi nota relativa all’art. 559 c.p.

Art. 562.
Pena accessoria e sanzione civile. (
1)

La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 556 e 560 importa la perdita dell’autorità maritale.
Con la sentenza di condanna per adulterio o per concubinato il giudice può, sull’istanza del coniuge offeso, ordinare i provvedimenti temporanei di indole civile, che ritenga urgenti nell’interesse del coniuge offeso e della prole.
Tali provvedimenti sono immediatamente eseguibili, ma cessano di aver effetto se, entro tre mesi dalla sentenza di condanna, divenuta irrevocabile, non è presentata dinanzi al giudice civile domanda di separazione personale.
 ]

(1) Vedi nota relativa agli artt. 559 e 560 c.p.

Art. 563.
Estinzione del reato. (
1)

[Nei casi preveduti dagli articoli 559 e 560 la remissione della querela, anche se intervenuta dopo la condanna, estingue il reato.
Estinguono altresì il reato:
1) la morte del coniuge offeso;
2) l’annullamento del matrimonio del colpevole di adulterio o di concubinato.
L’estinzione del reato ha effetto anche riguardo al correo e alla concubina e ad ogni persona che sia concorsa nel reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali
.]

(1) Vedi nota relativa agli artt. 559 e 560 c.p.

Capo II
Dei delitti contro la morale familiare

Art. 564.
Incesto.

Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea retta, ovvero con una sorella o un fratello, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
La pena è della reclusione da due a otto anni nel caso di relazione incestuosa.
Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se l’incesto è commesso da persona maggiore di età con persona minore degli anni diciotto, la pena è aumentata per la persona maggiorenne.
La condanna pronunciata contro il genitore importa la decadenza dalla responsabilità genitoriale. (1)

(1) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lett. l), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

Art. 565.
Attentati alla morale familiare commessi col mezzo della stampa periodica.

Chiunque nella cronaca dei giornali o di altri scritti periodici, nei disegni che ad essa si riferiscono, ovvero nelle inserzioni fatte a scopo di pubblicità sugli stessi giornali o scritti, espone o mette in rilievo circostanze tali da offendere la morale familiare, è punito con la multa da euro 103 a euro 516.

Capo III
Dei delitti contro lo stato di famiglia

Art. 566.
Supposizione o soppressione di stato.

Chiunque fa figurare nei registri dello stato civile una nascita inesistente è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi, mediante l’occultamento di un neonato, ne sopprime lo stato civile.

Art. 567.
Alterazione di stato. 

Chiunque, mediante la sostituzione di un neonato, ne altera lo stato civile è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Si applica la reclusione da cinque a quindici anni a chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità. (1)

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 21 settembre-10 novembre 2016, n. 236 (Gazz. Uff. 16 novembre 2016, n. 46 – Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui prevede la pena edittale della reclusione da un minimo di cinque a un massimo di quindici anni, anziché la pena edittale della reclusione da un minimo di tre a un massimo di dieci anni.

Art. 568.

Occultamento di stato di un figlio. (1)

Chiunque depone o presenta un fanciullo, già iscritto nei registri dello stato civile come figlio nato nel matrimonio o riconosciuto, in un ospizio di trovatelli o in un altro luogo di beneficenza, occultandone lo stato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. (2)

(1) Rubrica così modificata dall’art. 93, comma 1, lett. m), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(2) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lett. m), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

Art. 569.
Pena accessoria. (
1)

La condanna pronunciata contro il genitore per alcuno dei delitti preveduti da questo capo importa la decadenza dalla responsabilità genitoriale. (2)

(1) La Corte Costituzionale con la sentenza 23 febbraio 2012, n. 31 ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’articolo 569 del codice penale, nella parte in cui stabilisce che, in caso di condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di alterazione di stato, previsto dall’articolo 567, secondo comma, del codice penale, consegua di diritto la perdita della potestà genitoriale, così precludendo al giudice ogni possibilità di valutazione dell’interesse del minore nel caso concreto.” Successivamente, con sentenza 23 gennaio 2013, n. 7 ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale “nella parte in cui stabilisce che, in caso di condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di soppressione di stato, previsto dall’articolo 566, secondo comma, del codice penale, consegua di diritto la perdita della potestà genitoriale, così precludendo al giudice ogni possibilità di valutazione dell’interesse del minore nel caso concreto.”
(2) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lett. n), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

Capo IV
Dei delitti contro l’assistenza familiare

Art. 570.
Violazione degli obblighi di assistenza familiare.

Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 a euro 1.032. (1)
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge.

Art. 570-bis.

Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio (1).

Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.

(1) Articolo inserito dall’art. 2, comma 1, lett. c), D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21.

_______________

Art. 571.
Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina.

Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi.
Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni.

Art. 572.
Maltrattamenti contro familiari e conviventi.

Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni (1).

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi (2).

[La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di persona minore degli anni quattordici] (3).

Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni.

Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato (4).

(1) Comma così modificato dall’art. 9, comma 2, lett. a), L. 19 luglio 2019, n. 69, a decorrere dal 9 agosto 2019.
(2) Comma inserito dall’art. 9, comma 2, lett. b), L. 19 luglio 2019, n. 69, a decorrere dal 9 agosto 2019.
(3) Comma abrogato dall’art. 1, comma 1-bis, D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.
(4) Comma aggiunto dall’art. 9, comma 2, lett. c), L. 19 luglio 2019, n. 69, a decorrere dal 9 agosto 2019.

Per approfondimenti vedi voce “Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli” di AltalexPedia.

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Giurisprudenza

Art. 573.
Sottrazione consensuale di minorenni.

Chiunque sottrae un minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, col consenso di esso, al genitore esercente la responsabilità genitoriale o al tutore, ovvero lo ritiene contro la volontà del medesimo genitore o tutore, è punito, a querela di questo, con la reclusione fino a due anni. (1)
La pena è diminuita, se il fatto è commesso per fine di matrimonio; è aumentata, se è commesso per fine di libidine.
Si applicano le disposizioni degli articoli 525 e 544.

(1) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lett. p), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

Art. 574.
Sottrazione di persone incapaci.

Chiunque sottrae un minore degli anni quattordici, o un infermo di mente, al genitore esercente la responsabilità genitoriale, al tutore, o al curatore, o a chi ne abbia la vigilanza o la custodia, ovvero lo ritiene contro la volontà dei medesimi, è punito, a querela del genitore esercente la responsabilità genitoriale, del tutore o del curatore, con la reclusione da uno a tre anni. (1)
Alla stessa pena soggiace, a querela delle stesse persone, chi sottrae o ritiene un minore che abbia compiuto gli anni quattordici, senza il consenso di esso per fine diverso da quello di libidine o di matrimonio.
Si applicano le disposizioni degli articoli 525 e 544.

(1) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lett. q), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 4 novembre 2009, n. 42370 in Altalex Massimario.

Art. 574 bis. AVVOCATO PENALE FAMIGLIA BOLOGNA 
Sottrazione e trattenimento di minore all’estero. 

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque sottrae un minore al genitore esercente la responsabilità genitoriale o al tutore, conducendolo o trattenendolo all’estero contro la volontà del medesimo genitore o tutore, impedendo in tutto o in parte allo stesso l’esercizio della responsabilità genitoriale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. 
Se il fatto di cui al primo comma è commesso nei confronti di un minore che abbia compiuto gli anni quattordici e con il suo consenso, si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.
Se i fatti di cui al primo e secondo comma sono commessi da un genitore in danno del figlio minore, la condanna comporta la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale. 

(1) Articolo inserito dall’art. 3, comma 29, lett. b), della L. 15 luglio 2009, n. 94
(2) Comma così modificato dall’art. 93, comma 1, lett. r), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(3) La Corte costituzionale, con la sentenza 29 maggio 2020, n. 102, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 574-bis, terzo comma nella parte in cui prevede che la condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di sottrazione e mantenimento di minore all’estero ai danni del figlio minore comporta la sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, anziché la possibilità per il giudice di disporre la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale. 

Art. 574 ter AVVOCATO PENALE FAMIGLIA BOLOGNA 

AVVOCATO PENALE FAMIGLIA BOLOGNA  di un’unione civile agli effetti della legge penale. (1)

Agli effetti della legge penale il termine matrimonio si intende riferito anche alla costituzione di un’unione civile tra persone dello stesso sesso.
Quando la legge penale considera la qualita’ di coniuge come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un reato essa si intende riferita anche alla parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso.

(1) Articolo inserito dall’articolo 1, comma 1, lettera b), del D.lgs. 19 gennaio 2017, n. 6.

In materia di diritto minorile, l’avvocato familiarista davanti al Tribunale ordinario si occupa in via principale di procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio, per la regolamentazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, del mantenimento e del diritto di permanenza con il genitore non collocatario.

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In tema di rapporti fra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori (art. 612-bis, cod. pen.), salvo il rispetto della clausola di sussidiarietà prevista dall’art. 612-bis, comma primo, cod. pen. – che rende applicabile il più grave reato di maltrattamenti quando la condotta valga ad integrare gli elementi tipici della relativa fattispecie – è invece configurabile l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori (prevista dall’art. 612-bis, comma secondo, cod. pen.) in presenza di comportamenti che, sorti nell’ambito di una comunità familiare (o a questa assimilata), ovvero determinati dalla sua esistenza e sviluppo, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo o comunque della sua attualità temporale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva configurato il concorso tra i due reati, sul presupposto della diversità dei beni giuridici tutelati, ritenendo integrato quello di maltrattamenti in famiglia fino alla data di interruzione del rapporto di convivenza e poi, dalla cessazione di tale rapporto, quello di atti persecutori).

E configurabile lo stato di quasi flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia purché: a) il singolo episodio lesivo risulti non isolato ma quale ultimo anello di una catena di comportamenti violenti o in altro modo lesivi; b) l’episodio delittuoso sia avvenuto immediatamente prima e l’autore di esso si sia dato alla fuga ovvero sia sorpreso con cose o tracce dalle quali appare che egli abbia appena commesso il reato. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto che correttamente il G.i.p. avesse escluso la quasi flagranza in relazione ad arresto eseguito per fatti già avvenuti al momento dell’intervento della P.G. ed in presenza di un atteggiamento genericamente “aggressivo” dell’imputato, ma non connotato da minacce o ingiurie alla persona offesa).

Le pratiche vessatorie realizzate ai danni di un lavoratore dipendente al fine di determinare l’emarginazione (cd. mobbing), anche dopo le modifiche apportate dalla legge n. 172 del 2012, possano integrare il delitto di maltrattamenti in famiglia soltanto quando s’inquadrino nel contesto di un rapporto che – per le caratteristiche peculiari della prestazione lavorativa ovvero per le dimensioni e la natura del luogo di lavoro – comporti relazioni intense e abituali

 

una stretta comunanza di vita ovvero una relazione di affidamento del soggetto più debole verso quello rivestito di autorità, assimilabili alle caratteristiche proprie del consorzio familiare. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso la sussistenza del delitto in parola, per essersi verificate le condotte vessatorie nel contesto di un’articolata realtà aziendale, caratterizzata da uno stabilimento di ampie dimensioni e da decine di dipendenti sindacalizzati).

In tema di maltrattamenti contro familiari e conviventi, integra la circostanza aggravante della lesione grave, di cui al secondo comma dell’art. 572 cod. pen., la ritardata crescita del minore che, per via dei maltrattamenti, si sia trovato in condizioni di denutrizione o malnutrizione tali da cagionare la predetta malattia.

È legittimo l’arresto in flagranza per il delitto di maltrattamenti qualora la polizia giudiziaria, dopo avere raccolto le dichiarazioni della persona offesa su comportamenti di reiterata sopraffazione, assista personalmente ad un singolo episodio che, pur non integrando autonoma ipotesi di reato, si pone inequivocabilmente in una situazione di continuità con le condotte denunziate dalla persona offesa medesima. (Fattispecie in cui una persona, la cui convivente aveva denunciato reiterate ipotesi di violenze e sopraffazioni, il giorno dell’arresto, recatosi presso l’abitazione della donna e verificato che quest’ultima era in auto con i carabinieri, aveva provato in modo irruento ad aprire la portiera dell’auto di servizio per parlare con la predetta).

 

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