INQUINAMENTO AMBIENTALE  ART 452  BIS CP 

INQUINAMENTO AMBIENTALE  ART 452  BIS CP 

AVVOCATO ESPERTO PENALE AMBIENTALE

danni ambientali ART 452 CP AVVOCATO ESPERTO
danni ambientali ART 452 CP AVVOCATO ESPERTO

Il reato di inquinamento ambientale

Il reato di inquinamento ambientale è il primo dei delitti contro l’ambiente che troviamo citato nel Codice Penale: si trova nel libro secondo, al titolo VI bis, introdotto in seguito all’intervento legislativo del 2015, con l’art. 1 della Legge n. 68 del 22 maggio 2015.

  • Più nello specifico, facciamo riferimento all’articolo 452-bis che lo definisce e descrive: scopriamo così che il reato di inquinamento ambientale è configurabile in modo molto ampio, cosicché il legislatore possa punire con particolare severità le diverse condotte.
DANNO AMBIENTALE ART 452 BIS CP
DANNO AMBIENTALE ART 452 BIS CP
  • Come affermato dalla Cassazione sin dalle prime applicazioni della norma, introdotta con la L. n. 68 del 2015, la fattispecie descritta dall’art. 452-bis c.p. è posta tutela dell’ambiente, come chiaramente emerge sia dalla sua collocazione tra i

 

  • “Delitti contro l’ambiente”, oggetto di considerazione da parte del Titolo 6-bis del libro secondo del c.p., sia dalla struttura stessa dell’illecito, come si desume, in particolare, dall’oggetto del reato.

 

  • Si tratta infatti di un reato di danno, e non già di pericolo, integrato da un evento di danneggiamento, essendo punito il cagionare abusivamente una “compromissione” o un “deterioramento”; che siano “significativi” e “misurabili”, di uno dei profili in cui si declina il bene “ambiente”,

 

  • come descritti al comma 1, n. 1 e al n. 2, tra cui, ai fini che qui interessano, un ecosistema. Si è poi precisato che la “compromissione” e il “deterioramento” consistono in un’alterazione, significativa e misurabile, della originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema,

 

 

  • caratterizzata, nel caso della “compromissione”, da una condizione di squilibrio funzionale, incidente sui processi naturali correlati alla specificità della matrice o dell’ecosistema medesimi (Sez. 3, n. 46170 del 21/09/2016 – dep. 03/11/2016, P.M. in proc. Simonelli, Rv. 268059)

 

 

e che attiene alla relazione del bene aggredito con l’uomo e ai bisogni o interessi che il bene medesimo deve soddisfare (Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017 – dep. 30/03/2017, Rizzo, Rv. 269489); nel caso del “deterioramento”,    3 DIRITTO PENALE- Osservatorio Permanente Novità Giurisprudenziali www.coanapoli.it Diritto penale La giurisprudenza: le sentenze per esteso a cura avv. Pasquale Guida LA  GIURISPRUDENZA:   le   sentenze   per   esteso da una condizione di squilibrio “strutturale”, connesso al decadimento dello stato o della qualità degli stessi (Sez. 3, n. 46170 del 21/09/2016 – dep. 03/11/2016, P.M. in proc. Simonelli, cit.) e che consiste in una riduzione della cosa che ne costituisce oggetto in uno stato tale da diminuirne in modo apprezzabile, il valore o da impedirne anche parzialmente l’uso, ovvero da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole (Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017 – dep. 30/03/2017, Rizzo, cit.).  7. Per la sussistenza del reato, non è richiesta anche l’irreversibilità del danno, requisito non contemplato tra i requisiti del fatto.  Ne consegue che le condotte poste in essere successivamente all’iniziale deterioramento o compromissione del bene non costituiscono un post factum non punibile, ma integrano invece singoli atti di un’unica azione lesiva che spostano in avanti la cessazione della consumazione, sino a quando la compromissione o il deterioramento diventano irreversibili, o comportano una delle conseguenze tipiche previste dal successivo reato di disastro ambientale di cui all’art. 452-quater c.p. (Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017 – dep. 30/03/2017, Rizzo, Rv. 269490).  A tal proposito, va evidenziato che l’evento può assumere il carattere di “significatività” anche a seguito di un’attività seriale ripetuta nel tempo, ciascuna delle quali, isolatamente considerata, non è in grado di incidere sul bene tutelato in termini, appunto, di “significatività”.  Da ciò deriva che l’evento è unico, allorquando sia il risultato della sommatoria di una pluralità di condotte, all’esito delle quali il deterioramento o la compromissione di un medesimo contesto ambientale raggiunge il grado di compromissione richiesto per l’integrazione del fatto.  Una volta che il reato è consumato, avendo l’offesa raggiunto un livello di “significatività”, le condotte successive, ad oggetto il medesimo ecosistema, hanno l’effetto per un verso di incidere sulla gravità dell’unico reato, e quindi sono valutabili ex art. 133 c.p., e, dall’altro, spostano in avanti il momento consumativo del reato medesimo, ciò che rileva sulla decorrenza del termine di prescrizione, ferma restando, ricorrendone i presupposti, la configurabilità del più grave delitto di cui all’452-quater c.p..  8. Il Tribunale cautelare si è attenuto a tali coordinate ermeneutiche. Pacifica l’abusività della condotta, non avendo il F. le necessarie autorizzazioni che, in ogni caso, non valgono per la pesca in aree protette, come quella in esame, il Tribunale, valorizzando la consulenza tecnica elaborata dalla Stazione zoologica (OMISSIS), ha sottolineato come “il materiale raccolto indichi la presenza di raccolta distruttiva massiva delle colonie e nei confronti dell’habitat protetto”, e come “la raccolta tramite rimozione e in alcuni casi anche la rottura stesse delle colonie più grandi (come evidenziato dai tentativi di incollaggio dei frammenti basali) indica che la rimozione delle colonie più grandi di corallo rosso, poste sotto sequestro, abbia causato un danno ambientale ed ecologico considerevole, sia a livello di specie, sia a livello di habitat” (p. 5 dell’ordinanza). Il danno da rimozione di colonie di corallo è tanto più significativo in quanto, come appurato dal Tribunale cautelare sulla base dell’indicata consulenza, per un verso il ciclo vitale perchè si raggiungano le condizioni analoghe a quelle distrutte dall’attività predatoria è pari ad almeno 40-50 anni, sia perchè tale rimozione ha una forte implicazione negativa a livello riproduttivo della specie. E su tali aspetti decisivi il ricorrente non prende posizione.

L’articolo 452-bis del Codice Penale stabilisce quanto segue:

“È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:

1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;

2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.

Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.”