Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

 

Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

 

Lo Studio assiste persone fisiche e giuridiche nell’ambito di procedimenti giudiziari per reati bancari e finanziari vantando l’avvocato Sergio Armaroli particolare  conoscenza con riferimento agli aspetti penali connessi alla concessione del credito e alle operazioni in strumenti finanziari

AVVOCATO ESPERTO REATI FINANZIARI BOLOGNA MILANO BRESCIA BERGAMO PAVIA

Integra il reato di cui all’art. 2638 cod. civ. la condotta dell’amministratore di un istituto di credito il quale, attraverso l’artificiosa rappresentazione nel patrimonio di vigilanza di elementi positivi fittizi, costituiti da azioni ed obbligazioni acquistate da terzi con finanziamenti erogati in loro favore dallo stesso istituto creditizio, senza che tale circostanza venisse resa nota agli organi di vigilanza, abbia in tal modo occultato l’effettiva situazione economica della banca amministrata e determinato un effettivo e rilevante ostacolo alle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza. (Fattispecie in tema di concorso formale tra le ipotesi previste dal primo e dal secondo comma dell’art. 2638 cod. civ

La nozione di “ostacolo” che contraddistingue il secondo comma dell’art. 2638 c.c.

Anche nel primo comma della suddetta disposizione vi è un riferimento “all’ostacolo”, tuttavia, in tale ipotesi l’ostacolo si manifesta quale elemento soggettivo, ossia un dolo specifico di ostacolo alla funzione di vigilanza, per cui la condotta si perfeziona solo se volta ad ostacolare (Cfr. CORNACCHIA L., Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, in Giur. comm., 1, 2017, 88). 

Autorevole dottrina sostiene che il secondo comma sia carente sotto il profilo della tassatività poiché “l’evento contemplato nel capoverso dell’art. 2638 c.c., oltre ad essere di per sé piuttosto indeterminato, non aggredisce un bene giuridico di tale rango ed importanza, in termini di offensività, da giustificare uno schema di incriminazione così ampio” (GUIDI D., Riflessioni sul concetto di ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1-2, 2018, 103 ss.). La fattispecie tutela, infatti, l’interesse di natura pubblicistica al regolare funzionamento delle attività svolte dalle autorità di vigilanza.  

 

L’elemento soggettivo è qui manifestato dall’intenzione (dolo specifico) di ostacolare l’esercizio delle funzioni di vigilanza, anche attraverso modelli comportamentali ingannevoli (falsità o impiego di artifici), che si sostanziano nella costruzione, con conseguente percezione, di una realtà distorta. Il soggetto attivo, quindi, nella specifica condotta di falsificazione o occultamento fraudolento deve utilizzare strumenti concretamente idonei a ostacolare la funzione di vigilanza, inducendo effettivamente in errore i funzionari, al fine di impedire l’esercizio dei poteri ad essi attribuiti.  La struttura della fattispecie contemplata nella categoria dei reati c.d. di mera condotta11 non prevede, con riferimento ai mezzi fraudolenti volti all’occultamento, quale elemento costitutivo la prova di un’induzione in errore dell’autorità pubblica di vigilanza12, perfezionandosi a prescindere dalla realizzazione effettiva dell’ostacolo.

Gli artt. 2368 c.c. e 190 del TUF, quest’ultimo in relazione al precedente art. 10, puniscono entrambi, il primo sotto il profilo penale, il secondo sotto l’aspetto amministrativo, la medesima condotta, consistente nella trasmissione alla CONSOB di una relazione, dal contenuto non veritiero, inerente verifiche di conformità sul collocamento di un prestito obbligazionario, con conseguente applicazione della sola disciplina penale, ex art. 9, comma 1, della l. n. 689 del 1981.

(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 8855 del 5 aprile 2017)

Cass. pen. n. 6884/2016

Il delitto di cui al primo comma dell’art. 2638 cod. civ. è un reato di mera condotta, integrato sia dall’omessa comunicazione di informazioni dovute che dal ricorso a mezzi fraudolenti volti ad occultare l’esistenza di fatti rilevanti per la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, mentre il reato previsto dal secondo comma è un delitto di evento, che richiede la verificazione di un effettivo e rilevante ostacolo alla funzione di vigilanza, quale conseguenza di una condotta che può assumere qualsiasi forma, tra cui anche la mera omessa comunicazione di informazioni dovute; ne consegue che tra le due fattispecie è configurabile un concorso formale ex art. 81, comma primo, cod. pen., qualora la condotta illecita si concretizzi nella omessa comunicazione alle autorità di vigilanza di informazioni dovute. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto integrato il concorso formale tra i reati previsti dai primi due commi dell’art. 2638 cod. civ. nella condotta dei legali rappresentanti di una società cooperativa che avevano omesso di indicare nei bilanci societari una fidejussione rilasciata in favore di altra società, altresì omettendo di darne comunicazione al competente organo di revisione).

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 6884 del 22 febbraio 2016)

Cass. pen. n. 51897/2013

Il reato di “ostacolo all’esercizio delle funzioni dell’autorità di vigilanza” è un reato di mera condotta che si consuma nel momento in cui viene celata all’organo di vigilanza la realtà economica, patrimoniale o finanziaria dei soggetti sottoposti a controllo, attraverso le condotte alternative previste dalla norma di omessa comunicazione di informazioni dovute o di ricorso o mezzi fraudolenti. (In applicazione del principio, la Corte, in relazione ad una condotta consistita nel rispondere ad una richiesta della Consob con una comunicazione scritta che negava falsamente l’esistenza di un accordo volto ad eludere l’obbligo di procedere ad O.P.A., ha affermato che la data di consumazione del reato, da cui decorre il termine di prescrizione, non è quella dell’accertamento del fatto, ma quella della ricezione della comunicazione da parte dell’Autorità di Vigilanza).

 

 

Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società o enti [2639] e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza [2545 quaterdecies, 2547, 2619], o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali nelle comunicazioni alle predette autorità previste in base alla legge, al fine di ostacolare l’esercizio delle funzioni di vigilanza, espongono fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni [2426], sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza ovvero, allo stesso fine, occultano con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte fatti che avrebbero dovuto comunicare, concernenti la situazione medesima, sono puniti con la reclusione da uno a quattro anni. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi [2640].

Sono puniti con la stessa pena gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società, o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali, in qualsiasi forma, anche omettendo le comunicazioni dovute alle predette autorità, consapevolmente ne ostacolano le funzioni.

La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58(1).

3-bis. Agli effetti della legge penale, alle autorità e alle funzioni di vigilanza sono equiparate le autorità e le funzioni di risoluzione di cui al decreto di recepimento della direttiva 2014/59/UE e al regolamento (UE) 2021/23 e alle relative norme attuative(2)(3).

Cass. pen. n. 42778/2017

Integra il reato di cui all’art. 2638 cod. civ. la condotta dell’amministratore di un istituto di credito il quale, attraverso l’artificiosa rappresentazione nel patrimonio di vigilanza di elementi positivi fittizi, costituiti da azioni ed obbligazioni acquistate da terzi con finanziamenti erogati in loro favore dallo stesso istituto creditizio, senza che tale circostanza venisse resa nota agli organi di vigilanza, abbia in tal modo occultato l’effettiva situazione economica della banca amministrata e determinato un effettivo e rilevante ostacolo alle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza. (Fattispecie in tema di concorso formale tra le ipotesi previste dal primo e dal secondo comma dell’art. 2638 cod. civ.).