DIFFAMAZIONE : MAIL REATO ART 595 CP ? 3 NO

DIFFAMAZIONE : MAIL REATO ART 595 CP ? 3 NO

Nel caso di specie, il tenore della mail redatta dall’imputato non appare avere superato detti limiti, dal momento che le espressioni adoperate, sia pur fortemente critiche nei confronti della persona offesa, non sono scurrili nè gratuitamente offensive della persona della […]; esse, piuttosto, appaiono tese a criticare la gestione di quest’ultimo della (omissis), evidenziando quelle che, a parere dell’imputato, erano delle marcate inadempienze o inefficienze nella gestione del distributore concesso in locazione. Nè, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, i termini adoperati vedono acuita la propria vis offensiva in ragione di una pretesa “eccentrica modalità di esercizio della critica”, giacché le espressioni incriminate sono contenute in una mail inviata, oltre che alla persona offesa, al Presidente ed al vicepresidente della […], vale a dire a coloro che rivestivano una posizione, nell’organigramma del gruppo, sovraordinata rispetto a quella dello S. Si tratta, infatti, di una modalità di segnalazione di inefficienze che è niente affatto stravagante; anzi, la circostanza che la mail fosse inviata, oltre che alla persona offesa, a figure sovraordinate rende evidente come le critiche in essa contenute vadano contestualizzate e lette non già come un’invettiva gratuita – un argumentum ad hominem – ma come l’avvio di un aspro confronto sia con lo S., sia con le figure istituzionalmente preposte anche a vagliare la sua attività, attività che era al centro della segnalazione.

 

Cassazione Penale, Sez. 5, 20 luglio 2023, n. 31729 – Offese al capo in una mail. Per la Cassazione non si configura il reato di diffamazione

Presidente Sabeone – Estensore Borrelli

Fatto

  1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 23 novembre 2022 dal Tribunale di Roma, che ha confermato la condanna, anche agli effetti civili, di S.U. per il reato di diffamazione ai danni di S.S., allora amministratore di “(omissis)”. La condotta addebitata all’imputato consiste nell’avere inviato alla persona offesa e al Presidente e vicepresidente della “(omissis) ” una mail in cui si legge: “la direzione da lei condotta ci conferma, purtroppo, ancora una volta la piena incompetenza a svolgere l’attività di gestione di un impianto carburanti in Italia….. purtroppo Lei e il Suo staff, con incoscienza, avere continuato imperterriti a sottovalutare i più elementari adempimenti….A partire dalla Sua conduzione della Direzione […]in Italia il nostro impianto, a voi concesso temporaneamente con fitto di azienda, ha subito una costante, ingente perdita di erogato (oltra al calo dei consumi a livello nazionale) a mio avviso determinato da una incompetenza che ha a volte rasentato l’autolesionismo”.

    2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore di fiducia.

    2.1. Il primo motivo di ricorso lamenta violazione degli artt. 51 e 595 c.p..

    Le espressioni contenute nella mail – si legge nel ricorso – non erano finalizzate ad offendere la persona offesa, ma ad informare i vertici della società […] e a sollecitarli ad attuare un controllo circa l’operato dello S., dal momento che la (omissis) s.p.a. – amministrata dall’imputato e locatrice di un impianto di distribuzione carburanti – contestava diversi inadempimenti alla conduttrice […].

    Tanto gli inadempimenti erano veri – aggiunge il ricorrente – che la […] è stata condannata dal Giudice civile a rifondere ingenti somme di denaro alla […], con provvedimenti che l’imputato aveva prodotto in appello e che il Tribunale ha del tutto omesso di esaminare.

    2.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione e si collega alla proposizione critica da ultimo enunciata. Il 22 settembre 2022, la difesa dell’imputato aveva inviato al Tribunale due sentenze (la n. 1808/2020 e la n. 6581/2016) e un decreto ingiuntivo (il n. 4546/2014) che documentavano le condanne subite dalla[…] nei confronti della […].

    Ove il Tribunale avesse esaminato detta documentazione, si sarebbe reso conto che l’accusa non solo non era offensiva, ma era anche fondata su accadimenti reali.

Diritto

Il ricorso è fondato, sicché la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato.

1. Il Tribunale di Roma, quale Giudice di appello, ha confermato la decisione di condanna del Giudice di pace della Capitale, ritenendo preclusiva al riconoscimento della scriminante del legittimo esercizio del diritto di critica la mancanza di continenza delle espressioni utilizzate.

È su questo tema, pertanto – l’unico ritenuto ostativo all’applicazione dell’art. 51 c.p. – che occorre ragionare, tenendo presente che, in materia di diffamazione, la Corte di cassazione può conoscere e valutare l’offensività della frase che si assume lesiva della altrui reputazione, perché è compito del giudice di legittimità procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell’imputato (Sez. 5, n. 33115 del 14/10/2020, non massimata; Sez. 5, n. 2473 del 10/10/2019, dep. 2020, Fabi, Rv. 278145; Sez. 5, n. 48698 del 19/09/2014, Demofonti, Rv. 261284. In particolare, Sez. 5 Fabi ha altresì precisato che tale approccio nel vaglio della regiudicanda deve essere adottato anche quando a dover essere vagliata è la sussistenza della scriminante del diritto di critica, che è il tema di odierno interesse.

1.1. Tanto premesso, il Collegio precisa che, nello scrutinio diretto della continenza, si deve tenere conto del complessivo contesto dialettico in cui si realizza la condotta e verificare se i toni utilizzati dall’agente, pur se aspri, forti e sferzanti, non siano meramente gratuiti e immotivatamente aggressivi dell’altrui reputazione, ma siano, invece, pertinenti al tema in discussione e proporzionati al fatto narrato ed al concetto da esprimere (Sez. 5, n. 32027 del 23/03/2018, Maffioletti, Rv. 273573; Sez. 5, n. 37397 del 24/06/2016, C., Rv. 267866; Sez. 5, n. 31669 del 14/04/2015, Marcialis, Rv. 264442).

1.2. Nel caso di specie, il tenore della mail redatta dall’imputato non appare avere superato detti limiti, dal momento che le espressioni adoperate, sia pur fortemente critiche nei confronti della persona offesa, non sono scurrili nè gratuitamente offensive della persona della […]; esse, piuttosto, appaiono tese a criticare la gestione di quest’ultimo della (omissis), evidenziando quelle che, a parere dell’imputato, erano delle marcate inadempienze o inefficienze nella gestione del distributore concesso in locazione. Nè, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, i termini adoperati vedono acuita la propria vis offensiva in ragione di una pretesa “eccentrica modalità di esercizio della critica”, giacché le espressioni incriminate sono contenute in una mail inviata, oltre che alla persona offesa, al Presidente ed al vicepresidente della […], vale a dire a coloro che rivestivano una posizione, nell’organigramma del gruppo, sovraordinata rispetto a quella dello S. Si tratta, infatti, di una modalità di segnalazione di inefficienze che è niente affatto stravagante; anzi, la circostanza che la mail fosse inviata, oltre che alla persona offesa, a figure sovraordinate rende evidente come le critiche in essa contenute vadano contestualizzate e lette non già come un’invettiva gratuita – un argumentum ad hominem – ma come l’avvio di un aspro confronto sia con lo S., sia con le figure istituzionalmente preposte anche a vagliare la sua attività, attività che era al centro della segnalazione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.