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reati tributari – misure cautelari

reati tributari – misure cautelari

reati tributari – misure cautelari  Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 47832 depositata il 25 novembre 2019 reati tributari – misure cautelari
reati tributari – misure cautelari Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 47832 depositata il 25 novembre 2019 reati tributari – misure cautelari

Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 47832 depositata il 25 novembre 2019

reati tributari – misure cautelari

Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 47832 depositata il 25 novembre 2019 reati tributari – misure cautelari

Reati tributari e misure cautelari: quando scattano e cosa prevedono

Introduzione

Nel sistema penale-tributario italiano, disciplinato dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, i reati tributari sono considerati fattispecie penali a tutela dell’interesse pubblico alla corretta riscossione dei tributi. Trattandosi di reati economici con potenziale elevato danno erariale, il legislatore ha previsto, oltre a pene detentive e pecuniarie, anche misure cautelari, sia personali (come gli arresti domiciliari) che reali (come il sequestro preventivo o per equivalente). Tali misure trovano applicazione secondo i criteri generali del codice di procedura penale, ma con peculiarità proprie della materia tributaria.

In questo articolo analizziamo in modo dettagliato:

  • le principali tipologie di reati tributari;
  • le condizioni per l’applicazione di misure cautelari personali e reali;
  • i presupposti giurisprudenziali e dottrinali;
  • le problematiche più frequenti in fase di indagine e giudizio.
  1. Reati tributari: quadro normativo

I reati tributari di cui al D.Lgs. 74/2000 possono essere suddivisi in due grandi categorie:

Reati dichiarativi (artt. 2–5 D.Lgs. 74/2000)

  • Art. 2 – Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
  • Art. 3 – Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici;
  • Art. 4 – Dichiarazione infedele;
  • Art. 5 – Omessa dichiarazione.

Reati sostanziali o di occultamento (artt. 8–11 D.Lgs. 74/2000)

  • Art. 8 – Emissione di fatture per operazioni inesistenti;
  • Art. 10 – Occultamento o distruzione di documenti contabili;
  • Art. 11 – Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.

La gravità di ciascun reato incide sull’applicabilità delle misure cautelari, soprattutto in riferimento alla pena edittale massima e alla natura dolosa del comportamento.

  1. Misure cautelari personali nei reati tributari

Le misure cautelari personali possono essere disposte nei confronti dell’indagato/imputato se sussistono:

  • gravi indizi di colpevolezza;
  • esigenze cautelari (pericolo di fuga, inquinamento delle prove, reiterazione del reato);
  • proporzione tra la misura e il reato contestato.

Quando è possibile applicarle?

La misura custodiale (custodia cautelare in carcere o arresti domiciliari) può essere disposta solo se il reato prevede una pena superiore a tre anni, ai sensi dell’art. 280 c.p.p.

Pertanto, sono astrattamente ammesse misure personali nei seguenti casi:

  • Art. 2 – (fino a 8 anni): misura possibile;
  • Art. 3 – (fino a 6 anni): misura possibile;
  • Art. 5 – (massimo 4 o 6 anni, a seconda dei casi): misura possibile.

Giurisprudenza rilevante

Cass. pen., Sez. III, n. 49492/2019:

“La reiterazione nei reati tributari, per sua natura, può assumere forma seriale, anche nell’ambito di un’unica dichiarazione annuale; ciò giustifica l’applicazione di misure cautelari, ove emerga un pericolo concreto di recidiva.”

Cass. pen., Sez. III, n. 40857/2021:

“Il pericolo di inquinamento probatorio va valutato anche alla luce della disponibilità dell’imputato di strutture societarie compiacenti, utilizzate per l’emissione di false fatture.”

  1. Misure cautelari reali nei reati tributari

La misura cautelare reale per eccellenza nel campo tributario è il sequestro preventivo finalizzato alla confisca (art. 321 c.p.p.).

In particolare, si distingue tra:

  • Sequestro diretto: su beni o somme corrispondenti al profitto del reato;
  • Sequestro per equivalente: su beni diversi, fino alla concorrenza del profitto.

Fondamento normativo

Art. 1, comma 143 L. 244/2007: ha introdotto l’estensione del sequestro per equivalente ai reati tributari.

Art. 12-bis D.Lgs. 74/2000 (confisca obbligatoria):

“È sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato o, in mancanza, di beni di valore equivalente.”

Limiti e criticità

La Corte Costituzionale, con sent. n. 80/2014, ha chiarito che:

“Il sequestro preventivo per equivalente non può violare il principio di proporzionalità e deve essere applicato solo in presenza di un rapporto qualificato con l’indagato.”

Responsabilità dell’amministratore vs. società

Il sequestro può colpire beni personali dell’amministratore, ma anche i conti o i beni della società, se persona giuridica, nel caso in cui il reato sia stato commesso nell’interesse e a vantaggio dell’ente.

Cass. pen., Sez. Unite, n. 10561/2014:

“Nel reato di emissione di fatture false, il profitto del reato può coincidere con il risparmio di imposta conseguito, e quindi oggetto di sequestro.”

  1. Reati tributari e interdittive

Alcuni reati tributari (soprattutto quelli con impiego di fatture false o sottrazione fraudolenta) possono legittimare anche misure interdittive, ai sensi degli artt. 290–291 c.p.p., come:

  • interdizione temporanea dall’esercizio di impresa;
  • sospensione temporanea da pubblici uffici o professioni.

Cass. pen., Sez. V, n. 28110/2020:

“L’interdizione temporanea può essere disposta se il reato si collega all’abuso di una qualifica o professione da parte dell’imputato.”

  1. Strategia difensiva e ruolo dell’avvocato penalista

In fase cautelare, l’avvocato penalista esperto in reati tributari ha un ruolo centrale:

  • verifica della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza;
  • contestazione dell’assenza di esigenze cautelari;
  • richiesta di misure meno afflittive (ex art. 275 c.p.p.);
  • opposizione al sequestro mediante istanza di riesame (art. 322 c.p.p.);
  • ricorsi in Cassazione per vizi motivazionali.

Spesso la strategia prevede anche la collaborazione con fiscalisti o periti contabili per dimostrare l’assenza del dolo o la natura elusiva – e non fraudolenta – del comportamento.

Conclusioni

Le misure cautelari nei reati tributari rappresentano un potente strumento di pressione investigativa, ma vanno applicate con rigore e nel rispetto delle garanzie processuali. La distinzione tra evasione, elusione e frode diventa determinante, così come l’individuazione del reale profitto e dei soggetti beneficiari.

In presenza di una contestazione per reato tributario è fondamentale rivolgersi a un avvocato penalista esperto in diritto penale dell’economia e del fisco, in grado di gestire con competenza ogni fase del procedimento, inclusi i delicati momenti delle misure cautelari personali e reali.

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Reati tributari e misure cautelari: arresti, sequestri, difese e giurisprudenza aggiornata

Introduzione

Nel diritto penale tributario, il tema delle misure cautelari nei reati fiscali è centrale per comprendere come opera la giustizia quando viene contestata una frode fiscale, una dichiarazione fraudolenta o una sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Con l’intensificarsi delle inchieste della Guardia di Finanza, l’applicazione di custodie cautelari, sequestri per equivalente, misure interdittive e ordinanze cautelari per dichiarazione fraudolenta è diventata sempre più frequente.

In questo articolo analizziamo tutto ciò che è fondamentale sapere: quando scatta il sequestro nei reati tributari, come difendersi da un’accusa di reato tributario, la differenza tra sequestro diretto e per equivalente, il ruolo dell’avvocato penalista per reati tributari e le principali strategie difensive per reati fiscali.

Reati tributari e custodia cautelare: quando si rischia l’arresto

I reati tributari con pene detentive sono quelli previsti dagli articoli 2, 3, 4 e 5 del D.Lgs. 74/2000. Quando la pena prevista supera i tre anni, può essere disposta la custodia cautelare. Questo significa che i soggetti coinvolti possono subire arresti domiciliari, carcere o altre restrizioni della libertà personale.

La custodia cautelare nei reati tributari non è automatica: deve basarsi su gravi indizi di colpevolezza e su esigenze cautelari concrete, come il pericolo di fuga o il pericolo di reiterazione del reato. È proprio su questo punto che spesso si discute nei tribunali: se vi sia o meno un rischio reale che il soggetto possa commettere nuovamente reati tributari analoghi.

Non sono rari i casi in cui viene disposta la custodia cautelare nei reati fiscali per un imprenditore accusato di emissione di fatture false, anche se privo di precedenti penali. L’ordinanza si fonda sulla valutazione di una capacità seriale di frode e di un potenziale uso sistemico di strumenti societari illeciti.

In più di un caso la Cassazione su reati tributari e misure cautelari ha ribadito che, in presenza di un comportamento fraudolento reiterato, la custodia cautelare nei reati fiscali può essere giustificata, anche se la condotta si è esaurita nel passato recente.

Quando scatta il sequestro nei reati tributari

Una delle domande più frequenti che riceve un penalista esperto in diritto tributario penale è: quando scatta il sequestro nei reati tributari? Il sequestro nei reati fiscali è legittimo quando vi è un profitto derivante dall’evasione d’imposta.

Il sequestro per equivalente nei reati fiscali scatta quando non è possibile sequestrare direttamente i beni o il denaro ottenuto illecitamente. La Cassazione sui reati tributari e misure cautelari ha stabilito che può essere sottoposto a sequestro qualunque bene dell’indagato, anche estraneo al reato, purché ne rappresenti il controvalore.

Quando si parla di reati tributari soggetti a sequestro, è importante distinguere la natura del profitto: si tratta del risparmio d’imposta? Di un credito d’imposta indebitamente utilizzato? O di beni acquistati con fondi sottratti al fisco?

Un altro elemento cruciale è la differenza tra sequestro diretto e per equivalente: il primo colpisce i beni provenienti direttamente dal reato, il secondo colpisce beni di pari valore quando i primi non sono più disponibili.

Come difendersi da un’accusa di reato tributario

Come difendersi da un’accusa di reato tributario è una questione che richiede una strategia multidisciplinare. Un avvocato penalista per reati tributari deve innanzitutto verificare la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi del reato.

Molte volte la difesa parte dalla ricostruzione tecnica dei movimenti contabili, dall’analisi della documentazione fiscale e dalla valutazione di eventuali elementi elusivi e non fraudolenti. Questo è essenziale per smontare le tesi accusatorie e chiedere il dissequestro dei beni o la revoca della misura.

Uno dei punti centrali nella strategia è la contestazione della custodia cautelare nei reati fiscali, sostenendo l’assenza del pericolo di reiterazione nei reati tributari. In altri casi, ci si concentra sulla differenza tra sequestro diretto e per equivalente, per dimostrare che il patrimonio sequestrato non ha alcun legame col reato.

Difendersi da un’accusa di reato tributario richiede anche competenza nella lettura delle motivazioni di un’ordinanza cautelare per dichiarazione fraudolenta e nella proposizione tempestiva di un ricorso al tribunale del riesame.

Sequestro per equivalente nei reati fiscali: come funziona

Il sequestro per equivalente nei reati fiscali è uno strumento potente nelle mani della Procura. Può colpire immobili, veicoli, conti correnti, quote societarie e persino beni personali non legati al reato. È uno strumento che viene usato massicciamente in ogni inchiesta della Guardia di Finanza sulle misure cautelari in materia fiscale.

La Cassazione in tema di reati tributari e misure cautelari ha ribadito più volte che il sequestro per equivalente nei reati fiscali non è una sanzione anticipata, ma una forma di garanzia dell’efficacia della confisca.

Un elemento di discussione è la differenza tra sequestro diretto e per equivalente, che può incidere sulla legittimità del provvedimento. Un sequestro per equivalente non può mai eccedere il valore del profitto accertato e deve essere sempre proporzionato.

Il sequestro beni amministratore società è frequente nei casi in cui l’indagato ha operato attraverso società fittizie o “cartiere”. In tali casi, anche il patrimonio personale può essere oggetto di misura cautelare.

Arresto per fatture false e ordinanza cautelare

Un caso emblematico riguarda l’arresto per fatture false, spesso collegato a imprese coinvolte in frodi carosello o nella creazione di crediti d’imposta inesistenti. Quando la fattura falsa è emessa per ottenere rimborsi indebiti, l’ordinanza cautelare per dichiarazione fraudolenta può essere anche molto severa.

In questi casi, la Cassazione su reati tributari e misure cautelari ha legittimato l’applicazione della custodia cautelare, con la motivazione che l’imputato aveva già attuato condotte seriali e strutturate, dimostrando un chiaro pericolo di reiterazione nei reati tributari.

Anche le misure interdittive nei reati fiscali, come l’interdizione temporanea dall’esercizio dell’attività d’impresa, sono spesso imposte insieme all’arresto per fatture false. Queste misure impediscono all’imputato di continuare a operare nel contesto in cui ha commesso il reato.

Conclusione: il ruolo del penalista esperto in diritto tributario penale

Affrontare un procedimento per reato tributario significa confrontarsi con misure severe: sequestro beni, interdizioni, custodie cautelari, confisca obbligatoria nei reati tributari. Solo un penalista esperto in diritto tributario penale può analizzare in profondità il fascicolo, comprendere la reale portata dell’accusa e predisporre una difesa articolata.

Le strategie difensive per reati fiscali devono considerare ogni aspetto: dalla ricostruzione documentale, alla critica della motivazione del sequestro, fino alla gestione dei rapporti con l’amministrazione finanziaria per un’eventuale definizione tributaria.

Ricorda: quando scattano gli arresti per reati tributari, è già tardi per improvvisare. Rivolgiti subito a un avvocato penalista per reati tributari, che sappia distinguere la differenza tra sequestro diretto e per equivalente, che conosca la Cassazione su reati tributari e misure cautelari, e che sappia come difendersi da un’accusa di reato tributario in modo efficace, tempestivo e tecnico.

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FATTO

reati tributari – misure cautelari  Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 47832 depositata il 25 novembre 2019 reati tributari – misure cautelari
reati tributari – misure cautelari Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 47832 depositata il 25 novembre 2019 reati tributari – misure cautelari

– ritenuta la gravità indiziaria a carico della G.M., derivante dal fatto che ella risultava, unitamente al marito, peraltro attualmente impossibilitato nello svolgimento di attività professionali in quanto anche lui, da tempo, attinto da misure giurisdizionali impeditive, l’effettiva amministratrice dello Studio D.B. presso il quale erano state sistematicamente realizzate, tramite il loro operato, le attività di frode fiscale, e considerata la sussistenza delle esigenze cautelari, connesse al pericolo di recidiva derivante dalla professionalità con la quale erano state poste in essere le condotte delittuose di cui alle indagini, tali da far ritenere siffatte esigenze caratterizzate dalla attualità e concretezza, a nulla rilevando il fatto che, a seguito di una circolare adottata dalla Agenzia delle entrate non è più possibile eseguire operazioni di compensazione susseguenti all’avvenuto accollo di un debito tributario altrui, posto che l’esigenza cautelare rilevante ha ad oggetto non la commissione di reati identici a quelli di cui alla provvisoria contestazione ma anche reati aventi profili di contiguità con essi – ha rigettato il ricorso, ritenendo, altresì, misura minima idonea a prevenire il pericolo di reiterazione quella degli arresti domiciliari.

division of property

Avverso la predetta ordinanza ha interposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore fiduciario, la G.M., articolando due motivi di impugnazione

 DIRITTO E MOTIVAZIONE reati tributari – misure cautelari

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso, essendo risultati o direttamente inammissibili o manifestamente infondati i motivi posti alla base del medesimo, deve essere dichiarato a sua volta inammissibile.

Con riferimento al primo motivo di impugnazione se ne rileva la evidente inammissibilità quanto al profilo relativo dedotto al vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della indagata.

Come è, infatti, noto, in sede di ricorso per cassazione i provvedimenti emessi ai sensi degli artt. 322-bis e 324 cod. proc. pen. sono suscettibili di essere impugnati solo attraverso lo strumento del ricorso per violazione di legge.

Né, quanto al caso di specie, può dirsi che i giudici della cautela reale abbiano solo apparentemente motivato il loro provvedimento, in quanto essi non avrebbero considerato, secondo quanto riportato da parte della difesa della ricorrente, che la falsità del crediti tributari in sostanza portati in compensazione, attraverso il meccanismo dell’accollo dei debiti tributari di costoro da parte della O.D. Srl, dai clienti dello studio di consulenza fiscale gestito dalla indagata non è stata oggetto di alcun accertamento definitivo in sede propriamente tributaria.

Si osserva infatti, ed il rilievo già sarebbe esaustivo di ogni altra considerazione, che nella presente sede cautelare la natura meramente indiziaria degli elementi a carico del soggetto indagato, sufficienti ai fini della adozione del provvedimento emesso a suo carico, si pone in evidente contrasto logico con la pretesa sostenuta dalla difesa di quello secondo la quale, ai fini della adozione della misura, occorrerebbe un accertamento definitivo dell’avvenuta violazione tributaria.

REATI TRIBUTARI BOLOGNA
REATI TRIBUTARI BOLOGNA

Ma vi è di più, ove si rifletta sulla sostanziale autonomia fra processo tributario penale ed accertamento dell’illecito nella sede specificamente tributaria, autonomia tale da aver condotto questa stessa Corte alla conclusione che in materia di reati tributari l’accertamento definitivo in sede contenziosa non ha efficacia vincolante nel processo penale (Corte di cassazione, Sezione III penale, 26 ottobre 1991, n. 10813) e che fra giudizio penale e giudizio tributario non sussiste alcun vincolo di pregiudizialità che limiti il potere cognitivo del giudice penale (cfr.: Corte di cassazione, Sezione III penale, 7 novembre 2018, n. 51157; idem Sezione III penale, 7 ottobre 2011, n. 36396).

Risulta, pertanto, destituita di fondamento l’affermazione contenuta nel ricorso proposto dalla indagata, secondo la quale non sarebbe consentito contestare il reato di indebita compensazione di crediti tributaria, ai sensi dell’art. 10-quater del dlgs n. 74 del 2000 sino all’avvenuto definitivo accertamento nella sede tributaria della falsità del credito portato in compensazione.

Quanto al profilo relativo alla sussistenza in capo alla indagata dell’elemento soggettivo del reato a lei contestato, si rileva che, sebbene in sede cautelare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato debba avere ad oggetto sia gli elementi oggettivi del reato in provvisoria contestazione che l’elemento soggettivo di esso (Corte di cassazione, Sezione V penale, 17 febbraio 2014, n. 7465), nel caso in esame il Tribunale di Brescia ha rilevato, in relazione alla posizione della G.M., il dolo del reato contestato, cioè la consapevolezza da parte della indagata, quanto meno a livello indiziario, della inesistenza dei crediti portati in compensazione, dal dato obbiettivo che il credito Iva, che – attraverso gli uffici dello studio di consulenza fiscale presso il quale la G.M. svolgeva le sue mansioni di carattere non certo solo esecutivo – era stato portato da varie imprese in compensazione i era maturato (per un complessivo importo di circa 8.700.000,00 euro), per usare le parole della ordinanza, in seno ad una impresa artigiana la quale aveva avuto un volume di affari relativo all’anno 2014 pari a soli 7.000,00 euro; elemento, questo, che avrebbe dovuto certamente costituire un chiaro indice di fittizietà di detti crediti e tale indurre la indagata, quale titolare dello Studio che aveva promosso le compensazioni costituenti, in ipotesi, reato, a ben più accurati controlli in ordine alla veridicità dei crediti portati a scomputo delle imposte gravanti sui soggetti che, sostanzialmente, attraverso il meccanismo dell’accollo tributario, le compensazioni avevano operato.

La assenza di qualsivoglia seria verifica da parte della indagata, appare plausibilmente sicuro indice della sua piena consapevolezza della natura solo cartolare dei crediti in questione. D’altra parte, della poca limpidezza delle predette operazioni beni si erano accorti gli addetti allo Studio D.B. Srl i quali lo avevano segnalato anche alla G.M., senza che ciò, tuttavia, avesse avuto tin qualche sostanziale effetto, secondo quanto incontestatamente riportato nella ordinanza impugnata.

Passando al secondo motivo di impugnazione, con il quale è stata dedotta la illegittimità della ordinanza impugnata in quanto in essa non è stato considerato che – data la impossibilità giuridica di eseguire ulteriormente delle operazioni del tipo di quella contestata alla indagata, avendo, infatti, la Agenzia delle Entrate con circolare (recte: risoluzione) n. 140/E del 15 novembre 2017 espressamente rilevato che: “deve (…) negarsi, in via generale, che il debito oggetto di accollo possa essere estinto utilizzando in compensazione crediti vantati dall’accollante nei confronti dell’Erario”, cioè proprio la operazione che è stata contestata alla G.M. – non sussisterebbe più la attualità e la concretezza della reiterabilità delle condotte delittuose, rileva la Corte la manifesta infondatezza della censura formulata dalla difesa della indagata.

Va, infatti, detto che il Tribunale del riesame, e prima di esso il Gip del Tribunale di Brescia, hanno desunto la esistenza delle esigenze cautelari poste a base della adozione della misura restrittiva domiciliare a carico della indagata in funzione della esistenza di un “sistema criminale perfettamente organizzato e di un meccanismo ampiamente collaudato, destinato a ripetersi innumerevoli volte”, cui era asservita la intera struttura operativa dello Studio D.B. Srl.

Ciò posto, rileva il Collegio che, a fronte di tale organizzazione, funzionalmente e stabilmente, secondo gli elementi sino a questo momento emersi, dedita a reati tributari caratterizzati dalla frode in danno dell’Erario, posti in essere attraverso la callida utilizzazione di strumenti giuridici apparentemente leciti, sebbene viziati nei loro presupposti materiali, organizzazione della quale la indagata, stante la condizione di impossibilità cui è sottoposto il marito, a sua volta destinatario di misure restrittive della libertà personale, è attualmente magna pars, del tutto correttamente i giudici della cautela hanno ritenuto sussistente il pericolo della recidivanza specifica.

In particolare, correttamente il Tribunale di Brescia ha ritenuto, al riguardo, non determinante il contenuto della ricordata risoluzione della Agenzia delle Entrate, essendo, infatti, sul punto condivisibile l’argomentazione svolta in sede di merito in ordine alla concreta ed attuale possibilità che la indagata possa utilizzare la predetta organizzazione e la indubbia professionalità che sottende ad essa, per la realizzazione di reati certamente aventi un modus operandi evidentemente diverso da quelli per cui si procede, ma, per altro verso/ appartenenti al medesimo genus dei reati tributari (o comunque per i quali il soggetto passivo è da individuarsi in un soggetto pubblico) realizzati mediante frode. Va, infatti, ricordato che la giurisprudenza di questa Corte, come per altro lo stesso Tribunale di Brescia ha rilevato, ha da tempo chiarito che la esigenza cautelare, che la misura intende tutelare allorché il legislatore richiama il concetto di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, non deve intendersi riferita alla sola reiterazione del medesimo reato (Corte di cassazione, Sezione V penale, 2 gennaio 2019, n. 70) oggetto di indagini, ma deve intendersi estesa a tutti quegli illeciti – i quali consentano in linea astratta la adozione della misura di volta in volta in questione – che (vuoi per tipologia del bene-interesse tutelato, vuoi per le modalità operative) presentino quella che è stata icasticamente definita “uguaglianza di natura” rispetto ai reati ancora sub iudice (Corte di cassazione, Sezione V penale, 9 dicembre 2016, n. 52301).

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile e la ricorrente va condannata, visto l’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

 

Originally posted 2020-04-11 18:09:12.