SPACCIO COME VIENE TRATTA LA PROVA? AVVOCATO PER DIFESA ARRESTO SPIACCIO BOLOGNA

SPACCIO COME VIENE TRATTA LA PROVA?

AVVOCATO PER DIFESA ARRESTO SPIACCIO BOLOGNA

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In tema di sostanze stupefacenti, ai fini del riconoscimento dell’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73, il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità.

STUPEFACENTI – Commercio, esportazione ed importazione – Delitto di importazione di sostanze stupefacenti – Consumazione – Raggiungimento dell’accordo – Sufficienza – Acquisizione dell’autonoma detenzione della sostanza stupefacente – Necessità – Esclusione

Ai fini della consumazione del delitto di importazione di sostanze stupefacenti è sufficiente la conclusione dell’accordo finalizzato all’importazione dello stupefacente, senza necessità dell’acquisizione dell’autonoma detenzione della sostanza stupefacente. (Dichiara inammissibile, CORTE APPELLO ROMA, 11/03/2019)

In tema di illecita detenzione di stupefacenti, il discrimine tra il concorso di persone nel reato e la fattispecie incriminatrice del favoreggiamento personale deve essere rintracciato nell’elemento psicologico dell’agente verificando se quest’ultimo sia espressione di una partecipazione al reato o discenda dall’intenzione di realizzare una facilitazione alla cessazione della permanenza del reato.

La prova della destinazione della droga allo spaccio, ove non sussistente in forma diretta, può essere tratta da qualsiasi elemento o dato indiziario (quantità, stato di tossicodipendenza dell’agente, costo della sostanza in rapporto alle capacità economiche, generale condotta dell’agente, suddivisione in dosi, presenza di strumenti per il taglio o il confezionamento delle dosi) che consenta di inferirne la sussistenza attraverso un procedimento logico adeguatamente fondato su corrette massime di esperienza.

Sicché l’abrogazione del previgente istituto della dose media giornaliera non ha reso irrilevante l’aspetto quantitativo, il quale può, comunque, in ragione di un accumulo poco compatibile con una destinazione personale, assumere un rilievo sintomatico della destinazione ad uso di terzi della sostanza detenuta.

Per ritenere sussistente la penale responsabilità a titolo di concorso nella detenzione di sostanze stupefacenti è necessario dimostrare l’apporto causale del concorrente alla determinazione dell’evento, apporto che deve configurarsi in termini di funzionalità, utilità o maggiore sicurezza rispetto al risultato finale, ossia al permanere della condotta di detenzione. A titolo esemplificativo, rappresentano un valido apporto causale le condotte di occultamento della sostanza stupefacente al momento dell’ingresso delle forze dell’ordine nell’appartamento ove è detenuta la droga e di resistenza attiva volta a ritardare od ostacolare l’ingresso degli operanti nell’immobile.

la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018; conf. Sez. 6, n. 44419 del 13/11/2008), così come è stato anche reiteratamente precisato che la destinazione della droga al fine di spaccio può essere dimostrata in base ad elementi oggettivi univoci e significativi, quali: il notevole quantitativo della droga, il rinvenimento dello strumentario che lo spacciatore tipicamente utilizzava per il confezionamento delle dosi e le modalità di detenzione della droga (così Sez. 4, n. 36755 del 4/6/2004, in un caso relativo a grammi 791,24 netti di hashish, contenenti mg. 34061 di principio attivo, utilizzabili per la preparazione di n. 1702 dosi, in parte nascosti nel cruscotto dell’autovettura, in parte addosso al soggetto, in parte a casa, in cui vi erano cartine e bilancino).

Quanto al quantitativo di stupefacente caduto in sequestro, la Corte di legittimità ha dunque costantemente affermato che, in tema di sostanze stupefacenti, il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73-bis, comma primo, lett. a), del d.P.R. n. 309 del 1990 – non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione (cfr. ex multis, Sez. 3, n. 46610 del 9/10/2014) fermo restando però che il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73, co. 1 bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione (così Sez. 6, n. 11025 del 6/3/2013, fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto l’illiceità penale della detenzione dell’equivalente di 27,5 dosi di eroina anche in considerazione della accertata incapacità economica dell’imputato ai fini della costituzione di “scorte” per uso personale; conf.  Sez. 6, n. 9723 del 17/1/2013).

Conclusivamente sul punto, dunque, era ribadito che il considerevole numero di dosi ricavabili, ben può essere ritenuto un indizio della destinazione della droga ad un uso non esclusivamente personale (cfr. Sez. 3, n. 43496 del 2/10/2012) e, se come nel caso in esame, tale considerevole numero era accompagnato da altri elementi (il possesso del bilancino, la pluralità e diversità di sostanze detenute, la sproporzione tra le possibilità economiche dell’imputato ed una siffatta scorta), ciò costituiva, per la Cassazione, valida motivazione per escludere l’utilizzo dello stupefacente, in tutto o in parte, ad uso esclusivamente personale.

Terminata la disamina della prima doglianza, quanto al secondo motivo, gli Ermellini osservavano come anche la critica relativa all’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche risultasse essere manifestamente infondata, ritenendosi la motivazione nel provvedimento impugnato logica, coerente e corretta in punto di diritto anche sul punto.

In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la responsabilità a titolo concorsuale del familiare convivente non può desumersi dalla circostanza che la droga sia custodita in luoghi accessibili della casa familiare, dal momento che la mera convivenza non può essere assunta quale prova del concorso morale.

In materia di stupefacenti, il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’articolo73, comma l-bis, lettera a), del Dpr 9 ottobre 1990 n. 309 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione.

Peraltro, il mero dato del superamento dei suddetti limiti tabellari non vale a invertire l’onere della prova a carico dell’imputato, ovvero a introdurre una sorta di· presunzione, sia pure relativa, in ordine alla destinazione della sostanza a un uso non esclusivamente personale; dovendo il giudice globalmente valutare, sulla base degli ulteriori parametri indicati nella predetta disposizione normativa, se le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità esclusivamente personale della detenzione. Cassazione penale sez. III, 19/09/2019, n.43262

In tema di detenzione di stupefacenti ai fini della prova della destinazione a terzi, in assenza della flagranza nell’attività di vendita, suppliscono i parametri indiziari enucleati dalla giurisprudenza che attengono sia a criteri soggettivi quali lo stato di tossicodipendenza, il contesto socio-ambientale di vita ed eventuali rapporti con ambienti  deputati allo spaccio che i criteri oggettivi quali la quantità e qualità della sostanza stupefacente e il suo frazionamento.

(Nel caso di specie, era stata provata la destinazione a terzi della droga sia per la quantità della sostanza stupefacente pari a 90 dosi di hashish e all’attività di osservazione del prevenuto).

In assenza di flagranza dell’attività di vendita, la prova della destinazione a terzi della droga e non al consumo personale è ricavabile sulla scorta di parametri indiziari soggettivi ed oggettivi.

In assenza di flagranza dell’attività di vendita, la prova della destinazione a terzi della droga e non al consumo personale è ricavabile sulla scorta di parametri indiziari soggettivi ed oggettivi. In particolare, vanno valutati i criteri soggettivi quali lo stato di tossicodipendenza del detentore, il contesto socio-ambientale di vita e gli eventuali rapporti o collegamenti con ambienti deputati allo spaccio ovvero con soggetti implicati nel traffico di stupefacenti.

Ovvero vanno valutati i criteri oggettivi, quali il frazionamento delle dosi di stupefacente, la qualità e quantità della droga rapportate al fabbisogno personale in relazione all’età ed in relazione al processo di naturale scadimento degli effetti droganti.

Tribunale Terni, 18/04/2018, n.486

La prova della destinazione della droga allo spaccio, ove non sussistente in forma diretta, può essere tratta da qualsiasi elemento o dato indiziario (quantità, stato di tossicodipendenza dell’agente, costo della sostanza in rapporto alle capacità economiche, generale condotta dell’agente, suddivisione in dosi, presenza di strumenti per il taglio o il confezionamento delle dosi) che consenta di inferirne la sussistenza attraverso un procedimento logico adeguatamente fondato su corrette massime di esperienza.

Sicché l’abrogazione del previgente istituto della dose media giornaliera non ha reso irrilevante l’aspetto quantitativo, il quale può, comunque, in ragione di un accumulo poco compatibile con una destinazione personale, assumere un rilievo sintomatico della destinazione ad uso di terzi della sostanza detenuta.

Tribunale Frosinone, 12/07/2017, n.921

detenzione di sostanze stupefacenti, il superamento dei limiti tabellari non implica necessariamente che la sostanza stupefacente sia detenuta a fine di spaccio

In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, il superamento dei limiti tabellari non implica necessariamente che la sostanza stupefacente sia detenuta a fine di spaccio né che vi debba essere un inversione dell’onere della prova dovendo sempre la pubblica accusa dimostrare la finalità dello spaccio.

(Nel caso di specie ,si trattava di n. 4 stecche di hashish detenute in un cassetto dell’abitazione dell’imputato pari a n. 53 dosi ma, non rinvenendo altresì la tipica attrezzatura (bilancino di precisione, cellophane, coltello) per il confezionamento, si escludeva la sussistenza del reato).

Tribunale S. Maria Capua V. sez. uff. indagini prel., 26/04/2016, n.1208

 (Fattispecie in cui è stata annullata la sentenza che si era limitata a fondare la prova della destinazione illecita sul dato quantitativo della sostanza – grammi 11,711 di hashish, con principio, attivo pari a grammi 1,312 – pur in presenza di stupefacente non suddiviso in distinte confezioni e pur non essendo stato rinvenuto strumentario che a detta suddivisione fosse finalizzato; mentre il dato della fuga tentata dall’imputato alla vista delle forze dell’ordine doveva considerarsi elemento equivoco, perché poteva essere giustificata dal fatto che anche la sola detenzione per consumo personale espone il detentore a conseguenze personali sfavorevoli).

SPACCIO CHETAMINA

La mera detenzione di una quantità elevata di sostanza stupefacente di tipo chetamina (da cui sarebbero ricavabili molteplici dosi), conseguente ad un acquisto di poco precedente rispetto al controllo dei militari, non può fondare la prova, di per sé, che l’imputato l’avesse acquistata a fini di spaccio; inoltre, anche la provenienza dell’imputato da un’area geografica lontana da quella in cui è stato effettuato il rifornimento di droga, non vale a chiarire se la sua presenza sul posto fosse determinata dall’esigenza di comprare lo stupefacente per uso personale, ad un prezzo più favorevole, o di approvvigionarsi per l’attività di cessione a terzi nella propria zona di origine.

Tribunale Napoli sez. I, 17/02/2015, n.2521

LA PUBBLICA ACCUSA DEVE PROVARE IL FINE DI SPACCIO DELLA DETENZIONE

In tema di detenzione di sostanza stupefacente, la destinazione allo spaccio rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie e tale specifica finalità della illecita detenzione deve essere provata dalla pubblica accusa, non potendosi far carico all’imputato dell’obbligo di provare la diversa destinazione, al solo uso personale, della sostanza stupefacente posseduta, tuttavia sia la prova della destinazione della droga ad uso personale, sia quella della destinazione allo spaccio, può essere tratta da qualsiasi elemento o dato indiziario che – con rigore, univocità e certezza – consenta di inferirne la sussistenza attraverso un procedimento logico adeguatamente fondato su corrette massime di esperienza (confermata la condanna nei confronti dell’imputato, atteso che i giudici del merito avevano dedotto la destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente dalla quantità -440 g lordi per un totale di principio attivo di 18.564,8 mg-, dal suo confezionamento -quattro pani-, dalla presenza di plurime lame sporche di sostanza e di un bilancino di precisione atto alla pesatura delle singole dosi).

Cassazione penale sez. III, 23/04/2015, n.37629

onere della prova per i reati di stupefacenti, la destinazione allo spaccio costituisce elemento caratterizzante del reato e deve, quindi, essere oggetto di prova da parte dell’accusa

In tema di onere della prova per i reati di stupefacenti, la destinazione allo spaccio costituisce elemento caratterizzante del reato e deve, quindi, essere oggetto di prova da parte dell’accusa e non può presumersi (cassata la sentenza di condanna nei confronti dell’imputato trovato in possesso di 50 grammi di hashish, atteso che mancava qualsiasi motivazione esaustiva e diretta sulla finalità di spaccio e non di consumo personale, o di gruppo, di tale droga).

Cassazione penale sez. VI, 07/01/2015, n.14059

In tema di stupefacenti, manca la prova del reato di spaccio nel caso in cui sulla persona dell’imputato non sia stato trovato denaro e non sia stato recuperato l’oggetto visto cedere (dalla p.g.) dall’ imputato ad altro soggetto non identificato, potendo trattarsi del denaro consegnato dall’imputato allo spacciatore a titolo di pagamento della droga appena comperata; il dato ponderale della sostanza sequestrata sia, così come il numero di dosi “commerciali” rinvenute nella disponibilità dell’ imputato – pari a sette – compatibile con una destinazione della sostanza ad uso personale, tipo mini scorta procacciata presso il “più conveniente” mercato partenopeo (residenza dell’imputato in altra provincia); risulti l’improbabilità dello spaccio fuori zona, in una piazza di spaccio napoletana, notoriamente gestita dalla criminalità organizzata locale; risulti l’effettiva iscrizione dell’ imputato al Ser.T. per dipendenza da oppiacei (benché con frequentazione interrotta per diversi anni e ripresa soltanto a seguito dell’ arresto per i fatti oggetto di contestazione).

Originally posted 2022-07-12 16:44:37.